Coronavirus Abruzzo, lo stop alla ristorazione allarma la pesca

La chiusura prolungata dei ristoranti allarma il settore pesca in Abruzzo. Lo stop imposto dal Coronavirus è un duro colpo, visto che in Italia oltre la metà del pescato si consuma fuori casa.

Ad evidenziare la problematica vissuta da questo settore è Coldiretti Abruzzo, secondo la quale fermare i ristoranti fino alla vigilia dell’estate comporta la chiusura a cascata delle pescherie, dei mercati ittici all’ingrosso e della produzione. In Abruzzo sono interessati circa 500 pescherecci tra piccola pesca, strascico, circuizione e draghe idrauliche.

“Ad aggravare la paralisi del settore sono i limiti agli spostamenti che – spiega Coldiretti – hanno causato anche il crollo della domanda di pesce fresco per consumo casalingo. La nuova tendenza a fare la spesa ogni 2-3 giorni, per evitare di doversi recare spesso al supermercato, ha portato i consumatori ad orientarsi verso conservati e surgelati. Il consumo pro capite di pesci, molluschi e crostacei, in Italia si aggira attorno ai 30 chili all’anno. La possibilità di vendita a domicilio e dell’asporto – sostiene la Coldiretti – è un’importante opportunità, anche se non sufficiente soprattutto alla luce del crack turistico. In queste condizioni è necessario sostenere un settore sul quale pesa già una forte dipendenza dall’estero, da dove viene l’80% del pesce consumato in Italia, anche per la mancanza dell’obbligo dell’indicazione di origine sui piatti consumati al ristorante che consente di spacciare per nostrani prodotti provenienti da altrove e con meno garanzie rispetto a quelli Made in Italy. La chiusura forzata di bar, trattorie, ristoranti, pizzerie e agriturismi ha dunque un effetto a valanga sull’agroalimentare regionale e, oltre al pesce, ad essere colpiti sono anche vino, birra, carne, frutta e verdura, ma anche salumi e formaggi di alta qualità che trovano nel consumo fuori casa un importante sbocco di mercato”.

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