Ocre, sisma. I sismologi: “Ancora non c’è cultura della prevenzione”

La terra trema tra le Marche e l’Abruzzo aquilano, in una sorta di partita a ping pong tra diverse faglie e diversi territori, tutti accomunati da un comune denominatore: l’alta sismicità. E così, dopo la scossa di magnitudo 4.6 che alle 5,11 ha svegliato la popolazione di Muccia, in provincia di Macerata, facendosi sentire forte anche in Abruzzo – da Teramo all’Aquila – un’altra forte scossa di magnitudo momento 3.5 ha buttato giù dal letto gli aquilani.

Epicentro nel Comune di Ocre, tra la frazione di San Panfilo e quella di San Martino, a 1200 metri di altitudine sulla parere di Monte Ocre e a 10 chilometri di profondità. La prima scossa dopo tanti mesi. Ufficio tecnico al lavoro da subito questa mattina, per verificare eventuali danni e crolli in un Comune in cui ancora sono evidenti i segni del terremoto del 2009. Un paese di 1.200 abitanti, molti dei quali vivono ancora nei Map, i moduli abitativi provvisori, essendo la ricostruzione ancora lontana. Pochi, infatti, gli aggregati ristrutturati in uno dei borghi più belli dell’Appennino aquilano. Pronto il piano di protezione civile, mentre la scuola, tutta nuova e in legno, è aperta e sicura, ha ribadito il sindaco Fausto Fracassi. Alla luce delle nuove scosse gli esperti ribadiscono l’imperativo della prevenzione. Il professore Christian Del Pinto sismologo aquilano, spiega che le due scosse di questa notte provengono da due situazioni e strutture sismogenetiche diverse. Il sisma di Muccia è stato indotto dalle scosse del 2016 e del 2017, quelle che hanno distrutto Amatrice, Norcia e molte zone dell’Italia centrale, una zona – quella del Maceratese – che ha ancora molto da esprimere da un punto di vista sismogenetico.

Da gennaio a oggi, poi, rileva Del Pinto, lì si sono registrati 18 eventi sismici di grado superiore a 3, e di cui almeno uno – quello di stanotte – superiore a 4. E’ vero che il terremoto non si può prevedere, ma è anche evidente che nella zona c’è stato negli ultimi mesi un aumento sia della quantità di scosse, sia della magnitudo: una evoluzione che non dev’essere sottovalutata per gli esperti. Anche alla luce del fatto che le due regioni, Abruzzo e Marche, sono confinanti e un evento più grande sarebbe ben percepito anche in Abruzzo. Sempre rimanendo nel contesto maceratese, inoltre, Del Pinto ricorda che risale al 1799 un evento sismico di magnitudo stimata intorno al 6.1, mentre altre scosse per lo più nella zona nord est dei monti Sibillini hanno toccato nei secoli scorsi punte del 6.2 e 6.5 di magnitudo. Una situazione differente sotto il profilo sismogenetico, è quella della Media Valle dell’Aterno, tra Ocre e l’Altopiano delle Cinque Miglia. Sia l’evento sismico di questa mattina, sia quello di magnitudo 3.9 che nelle scorse settimane è stato registrato tra Pescomaggiore e Paganica sono – spiega il sismologo – in qualche modo eventi “attesi”, conosciuti, perché riguardano faglie che si sono risvegliate da 9 anni: ossia dalla grossa replica del sisma del 2009 avvenuta il 7 aprile, un giorno dopo la scossa distruttrice.

Ma all’Aquila, ribadisce Del Pinto, sono altre le zone che devono davvero destare massima attenzione: i territori dell’Alta Valle dell’Aterno, tra Montereale e Campotosto. Del Pinto, che mette in guardia ancora una volta da chi crea facili allarmismi, pone anche una domanda: quanto è stato fatto in nove anni dal terremoto che ha distrutto L’Aquila, sul fronte della prevenzione? Per il responsabile della sede aquilana dell’Ingv Fabrizio Galadini, invece, anche la faglia della Media Valle dell’Aterno dev’essere guardata con attenzione. Galadini ricorda che l’Abruzzo ha il triste primato di detenere molte faglie attive e l’evento sismico avvenuto a Ocre (evento singolo, non seguito da altre scosse di assestamento) sta a ricordarci che viviamo in una zona caratterizzata da alta sismicità e rientra – dunque – nella sismicità di fondo della regione.

La Media Valle dell’Aterno, da San Demetrio a Goriano Sicoli, è caratterizzata dall’emergenza in superficie delle faglie, sulle quali già ben prima del 2009 l’Ingv ha avviato un serio studio – spiega Galadini – guardiamo con attenzione la faglia della Media Valle dell’Aterno, che si era attivata l’ultima volta 2.100 anni fa”.

Entrambi gli esperti pongono l’accento sulla scarsa cultura della prevenzione, che non riguarda soltanto la responsabilità delle istituzioni, ma anche quella dei singoli cittadini, che devono mettere in campo risorse per migliorare la vulnerabilità delle loro case:

“Gli strumenti ci sono ad esempio il Sisma bonus”.

Purtroppo ancora troppo poco è stato fatto negli ultimi 10 anni sul fronte prevenzione. Al di là di qualche sporadico convegno o apparizioni in tv o post sui social network, mai è partita in questi anni una vera programmazione tra istituzioni ed esperti sismologi.

Marianna Gianforte: