Reindustrializzazione Bussi, accordo alla firma

discarica-Bussi

Quando ci si mette sul mercato, talvolta si fanno buoni affari e talvolta no. Ci sta. Ma se a comprare è un ente pubblico finisce che il business possa – e debba – legittimamente essere valutato da chiunque abbia voglia, curiosità, competenza o interesse a farlo. Dunque era inevitabile che l’accordo di programma per la reindustrializzazione del sito industriale di Bussi, oggi alla firma, finisse sotto la lente di ingrandimento delle associazioni ambientaliste.

 

Il rischio che si trasformi in una guerra tra poveri c’è: da una parte Bussi, cittadina allo stremo che insegue la rinascita attraverso il lavoro, dall’altra gli ambientalisti e chi ha sollevato il vaso di Pandora dei veleni e sta ancora lì a sottolineare pericoli e cose non fatte invece di concentrarsi sulle opportunità future. Una guerra tra poveri in cui chi ci rimette è l’intera regione, che non riesce a spiegarsi perché a Bussi bonifica e reindustrializzazione non possano procedere di pari passo. E’ una strana storia, in cui tutti hanno ragione ma nessuno ha torto: né il territorio che si è ritrovato, da un giorno all’altro, senza più l’Eldorado del polo chimico e che dunque oggi, a ragione, cerca lavoro disperatamente; né chi ricorda poco sommessamente che quei veleni, tutti, dal primo all’ultimo, sono ancora lì, anche se confinati in un’area meno vasta rispetto a quella che l’opinione pubblica mutua dall’abituale e sommaria sintesi giornalistica. Che Bussi non sia la discarica e la discarica non è Bussi probabilmente in Abruzzo lo sanno tutti, però fuori dai confini regionali il messaggio è ancora ambiguo, il che però non deve indurre a mettere la polvere sotto al tappeto. In tutto questo caos si inserisce, finalmente da protagonista, la Regione Abruzzo; il presidente D’Alfonso ha preso in mano la faccenda, prova ne sia il tavolo di oggi, in Regione, che dovrebbe portare alla firma dell’accordo di programma per la bonifica e la messa in sicurezza del sito di interesse nazionale di Bussi. All’incontro tra i vertici regionali locali e i rappresentanti della Solvay è intervenuta in video conferenza anche la rappresentante del Ministero dell’ambiente, Gaia Checcucci, la quale pur definendo positiva la sostanza dell’accordo ha segnalato alcune criticità ancora da risolvere. Quindi oggi ancora nessuna firma, solo ulteriori approfondimenti, al termine dei quali il presidente D’Alfonso ha lasciato la stanza e si è chiuso in conclave con i vertici della Solvay: “Per cercare di Convincerli” ha detto.  

 

LE OSSERVAZIONI DEL FORUM H2O

Del resto – è bene ricordarlo – è proprio dall’interessamento di una di queste associazioni che i veleni di Bussi, scoperti dalla Forestale, vennero messi sotto gli occhi di tutti, cittadini e magistratura. La storia è antica eppure nient’affatto risolta, se è vero come è vero che uno dei siti più inquinati d’Europa è ancora uno dei siti più inquinati d’Europa, visto che i veleni li stavano e lì stanno. Non un solo grammo e’ stato portato via di quella robaccia certificata dall’Arta e sentenziata dalla magistratura, la quale, nonostante il singhiozzante e a rischio prescrizione iter giudiziario, non ha comunque stabilito il contrario, ossia che veleni non fossero. In normali condizioni di mercato, un imprenditore che si accolli un’area con necessità di bonifica così megalitiche può essere motivato sostanzialmente solo da un paio di ragioni, a meno che non sia un filantropo – e non sembra questo il caso della Filippi Farmaceutica, che secondo l’accordo di programma dovrebbe subentrare alla Solvay. Ragione numero uno: occupare un sito appetibile anche se malmesso. Ragione numero due: occuparlo a prezzo stracciato proprio perché malmesso. Ce ne sarebbe una terza, ma più che una ragione economica somiglia all’avere fatto bingo: io mi insedio su un’area da bonificare e ci faccio impresa, il possesso però se l’accolla qualcun altro, tipo il Comune. Nel frattempo l’area dovrà essere bonificata, purtroppo non da chi ci aveva fatto impresa prima, inquinandola. Per la bonifica ci sono i famosi 50 milioni di euro, o quel che ne resta dopo gli spiccioli spesi dal commissario Goio, recentemente scomparso (ma non per la Regione Abruzzo, visto che il suo nome compare ancora sul sito). Intanto la Valpescara attende la bonifica, perché certo non può bastare il cappottino steso sui veleni come una copertina rimboccata dallo stesso Goio. L’accordo che dovrebbe essere firmato oggi in Regione dovrebbe prevedere che solo dopo l’avvenuta bonifica il Comune entri in possesso dell’area, la cui occupazione verrà concessa alla Filippi, che a sua volta dovrebbe far partire la produzione e dare concretezza alle promesse di occupazione. Su tutta la vicenda hanno espresso molte perplessità, e anche qualche documentazione che potrebbe interessare la magistratura, un po’ tutte le associazioni ambientaliste. Per esempio il Forum H20, che in una nota di qualche giorno fa aveva scritto:

“Secondo le dichiarazioni rilasciate alla stampa da parte del Sindaco del Comune di Bussi l’accordo prevederebbe la cessione dell’inquinatissimo sito industriale di Bussi, cuore del sito nazionale di bonifica, dall’attuale proprietario Solvay (una multinazionale con oltre 100 anni di esperienza nel settore della chimica) all’amministrazione comunale di Bussi, un Comune di poche migliaia di abitanti. Abbiamo un’unica parola per descrivere tale evenienza: follia! In tutta Italia da anni si propugna a tutti i livelli dello Stato la vendita del patrimonio immobiliare. Qui avviene il contrario, con un Comune che si accolla la proprietà di uno dei siti più inquinati d’Europa prelevandola da una multinazionale del settore. Tra l’altro si tratta di un sito dal quale stanno continuando a fuoriuscire sostanze inquinanti. Ricordiamo che la valle del disastro ambientale è un luogo strategico dal punto di vista ambientale in quanto è un vero e proprio “imbuto” dove passa gran parte dell’acqua che dall’Appennino centrale muove verso il Mare Adriatico. Perché la compagine formata dal sindaco di Bussi di Rifondazione Comunista, un partito che – sempre a parole – sostiene le bonifiche, la multinazionale Solvay e la società Uniholding dell’imprenditore Alberto Filippi, ex senatore leghista poi espulso dal partito con un passaggio anche a La Destra di Storace, procederebbe in questo modo? Regione e Ministero non hanno nulla da dire sul futuro dell’acqua nell’intera Valpescara?”.

https://www.youtube.com/watch?v=ytuizqk4WF0

Marina Moretti: