Suicidio sotto treno a Francavilla, a giudizio macchinisti e operatori

Il gup del Tribunale di Chieti Andrea Di Berardino ha rinviato a giudizio Raffaele Doria, 38 anni, Giacomo Amoruso, 36 anni e Maurizio Zazzera, 46 anni tutti pugliesi, rispettivamente macchinista alla guida del convoglio il primo, gli altri due operatori presso il Dco di Bari, il Dirigente centrale operativa.

Sono accusati di cooperazione in omicidio colposo per la morte di un giovane di 24 anni di Ortona che si suicidò sui binari all’altezza di Francavilla al Mare. I fatti risalgono al 28 febbraio 2017. Per quanto riguarda i due operatori, secondo l’accusa formulata dal sostituto procuratore della Repubblica di Chieti Marika Ponziani, violarono la norma di sicurezza in merito alla circolazione dei treni che impone, qualora si verifichi o venga segnalata l’indebita presenza di persone lungo la linea ferroviaria, di prescrivere la riduzione della velocità dei treni che in quel tratto avrebbe dovuto essere di 30 chilometri orari, la cosiddetta marcia a vista. Secondo l’accusa, infatti, pur essendo stata debitamente e tempestivamente segnalata ai due operatori del Dco la presenza del giovane che camminava lungo la rete ferroviaria, con direzione dalla stazione di Francavilla al Mare verso sud, gli operatori omisero di prescrivere la marcia a vista ai convogli ferroviari in transito e nella fattispecie al convoglio proveniente da Bari e diretto a Milano il cui conducente, non prestando sufficiente attenzione al tratto di strada ferrata che si trovava dinanzi al locomotore, non si avvide in tempo della presenza del giovane che si trovava sui binari con l’intento di suicidarsi. Secondo l’accusa anche a causa della velocità più elevata rispetto a quella che sarebbe stata doverosa nella situazione che si era determinata, non riuscendo a bloccare il convoglio, il 24 enne fu investito mortalmente dal locomotore. Per la difesa dei tre imputati, ovvero gli avvocati Camilla Gianna Di Liberato, Francesco Americo e Vincenzo Antonucci si trattò di un tragica fatalità, di un evento imprevedibile e imponderabile non riconducibile alla condotta degli imputati essendo emerso dalla consulenza medico legale che quella della vittima, che soffriva di gravi disturbi, fu una condotta suicidiaria. I genitori e la sorella della vittima assistiti dagli avvocati Peppino Polidori e Vittorio Supino, si sono costituiti parte civile. Padre e sorella chiedono rispettivamente un risarcimento dei danni di 900 mila e 600 mila, la madre una provvisionale di 100.000 euro. Prima udienza del processo il 20 gennaio 2020.