L’ Aquila, “Il terremoto dell’ Anima”

“Il ‘terremoto dell’anima’ rappresenta l”altra faccia’ del sisma: manifesta un volto sociale non meno devastato rispetto alle case lesionate ed evidenzia fratture spirituali ancora più gravi in confronto alle ‘rovine’ materiali”.

Così l’arcivescovo dell’Aquila, il cardinale Giuseppe Petrocchi, intervenendo al convegno nazionale “Il terremoto del’anima”, promosso dalla Chiesa aquilana e dalla Caritas nazionale, in corso di svolgimento all’Aquila a dieci anni dal sisma. Si tratta – ha continuato Petrocchi – “di un fenomeno difficile da registrare: occorrono “sismografi” spirituali, psicologici, sociali ben attrezzati; non bastano “sensori” occasionali ma bisogna organizzare “stazioni permanenti” di rilevamento per seguire l’andamento della situazione. Perciò, l’indagine che si limita a studiare solo le prime fasi dell’evento, per poi ridurre rapidamente l’attenzione sulla vicenda, non riesce a cogliere bene “ciò” che è successo e neppure “come” le cose si vanno evolvendo: di conseguenza, chi adotta questi sistemi “intermittenti” di analisi, non può approntare forme di soccorso e di solidarietà adeguate”.

“Quello dell’anima – ha spiegato ancora il prelato – è, in genere, un terremoto ‘sommerso’. Si tratta di un dramma attraversato da dinamiche complesse e non raramente contraddittorie, che presentano criticità laceranti e di lunga ‘gittata’”. Petrocchi ha fatto “la metafora del “materiale radioattivo considerato pericoloso, sbrigativamente gettato in un lago”. “Al momento del lancio, si nota un movimento convulso di onde ‘anomale’, ma poi il materiale viene inghiottito dalle acque e scompare. Apparentemente non c’è più: in realtà è stato solo coperto dalla massa liquida, ma resta depositato nel fondo. E da lì, in modo ancora più insidioso perché non consapevole, continua ad esercitare la sua azione negativa. Mano a mano l’effetto nocivo delle radiazioni comincia a manifestarsi nell’ambiente che circonda il lago, coinvolgendo zone sempre più ampie del territorio. Gradualmente, nella vegetazione e sugli animali come anche nel contesto umano, compaiono i segni di un degrado e di un progressivo malessere, che si annunciano come sintomi di patologie disadattanti. Questi effetti, non riconosciuti come prodotti dalle radiazioni – che sono invisibili – vengono attribuiti a fattori esterni”.

“Alcune problematiche spirituali, psicologiche e relazionali provocate dall’effetto-terremoto, che si annidano nell’anima, non vengono intercettate e, di conseguenza, scivolano nei sotterranei della coscienza, individuale e collettiva, e lì finiscono per cronicizzarsi ed aggravarsi, influenzando gli stili di pensiero, il mondo delle emozioni e la tipologia delle scelte”. Così l’arcivescovo dell’Aquila, il cardinale Giuseppe Petrocchi, intervenendo al convegno nazionale “Il terremoto del’anima”, promosso dalla Chiesa aquilana e dalla Caritas nazionale, in corso di svolgimento all’Aquila a dieci anni dal sisma. “Vorrei accennare ad alcune ‘dissonanze comportamentali’ che tendono a comparire dove il trauma del terremoto non è stato sufficientemente focalizzato e metabolizzato: l’aumento della irritatività e dell’aggressività; l’abbassamento della soglia di sopportazione; la tendenza potenziata a scaricare le colpe sugli altri; la dilatazione dell’indice di pretesa; l’incremento della litigiosità sociale; la crescita della conflittività e di maltrattamenti in famiglia; la instabilità nelle relazioni produttive ed economiche – ha continuato il prelato -. Inoltre, la chiusura dei tradizionali luoghi di ritrovo (piazze, edifici pubblici,…) comporta un annebbiamento nella percezione della propria identità culturale e, quindi, un indebolimento del senso di appartenenza alla gente del posto (questo fatto si constata soprattutto tra i giovani)”. Secondo il cardinale, “anche la inagibilità delle chiese, importanti sedi assembleari, provoca non solo un abbassamento della pratica religiosa, ma anche un più generale disorientamento aggregativo: infatti, l’indebolimento nell’approccio di fede e negli indirizzi valoriali non aiutano le persone a gestire le contrarietà della vita e a dare significato positivo alla propria storia”. Per il cardinale, “un capitolo a parte, che esige considerazioni specifiche, sono alcuni fenomeni di devianza che risultano statisticamente moltiplicati nella frequenza (es. abuso di alcol, assunzione di stupefacenti, gioco d’azzardo, condotte violente …)”.

IL SERVIZIO DEL TG8

Fabio Lussoso: