GdF, scoperta la truffa del toner

La Guardia di Finanza di Ascoli Piceno ha scoperto una maxi frode fiscale da 662 milioni nel settore del commercio di prodotti informatici, toner e cartucce. Coinvolto anche l’Abruzzo.

78 le aziende nel mirino, 87 le persone denunciate a vario titolo, anche per riciclaggio. Stando all’indagine, in codice ‘Fast Print’, sarebbero state emesse fatture false per 484 mln e riciclati 690mila euro. Le aziende sono in Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Umbria, Marche, Abruzzo, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. All’Erario sarebbero state sottratte imposte su 396 milioni di euro di ricavi, 109 milioni di euro ai fini dell’Irap, 8,5 milioni di euro di costi indebitamente detratti, 1,5 milioni di euro di ritenute non operate e/o non versate, in aggiunta a violazioni all’Iva per 147 milioni di euro. Grazie al sistema delle ‘frodi carosello’ era stata anche costituita una provvista di crediti Iva in ‘nero’ per 70 milioni di euro. Fra le ipotesi di reato formulate dalla procura di Ascoli figurano anche l’occultamento e la distruzione di documentazione contabile, l’impiego di denaro e beni di provenienza illecita per 861 mila euro, l’introduzione nello Stato di prodotti contraffatti e la ricettazione. Gli accertamenti sono scattati dopo un controllo su una partita di cartucce e toner, messa in vendita a prezzi di saldo con contenitori di plastica degli inchiostri risultati contraffatti. Dalle verifiche fiscali i finanzieri sono risaliti alle società che avevano fornito alle imprese ascolane le cartucce e i toner, di una marca nota e, in una seconda fase, all’intera filiera che in Italia commercializzava le cartucce e dei toner contraffatti. Le due società ‘cartiera’ erano a Roma e Milano, ma gli investigatori hanno ricostruito scambi commerciali con la Germania, Olanda, Romania, Estonia, Danimarca, Austria, Regno Unito, Ungheria, Cipro, Svizzera, Lussemburgo e Slovenia. Una volta giunti in Italia da questi Paesi, i prodotti venivano spediti direttamente ai reali acquirenti nazionali, senza mai entrare nella effettiva disponibilità delle società ‘cartiera’, che si limitavano a emettere le false fatture di vendita per ‘nazionalizzare’ la merce, anche attraverso imprese filtro. Con questo meccanismo, gli indagati aggiravano la concorrenza delle imprese corrette, e potevano partecipare anche a gare per la fornitura di prodotti alla Pubblica amministrazione offrendo prezzi stracciati.

 

Barbara Orsini: