L’Aquila, Santa Croce: casa demolita, ma nessuna certezza

La città diventerà un luogo diverso da quello che era prima del terremoto, moderna e a misura di famiglia, in cui il livello urbano s’intreccerà con quello verde e pubblico, con ampi luoghi da recuperare, secondo lo schema “meno cemento e meno macchine, e più spazio per l’uomo”.

In quest’ottica rientrano alcuni progetti strategici di recupero e riqualificazione. È il quadrilatero che costituisce l’ingresso occidentale più trafficato, ricompreso tra Villa Gioia, Santa Croce e Porta Barete che, per estensione, lambisce anche piazzetta Lauretana, quello che cambierà volto in modo più marcato, con la rimozione del ponte di via Vicentini (realizzato all’epoca dalla giunta Lombardi) e il recupero della cinta muraria come già è possibile vedere su viale della Croce rossa e via XXV Aprile.

Il 31 marzo la giunta comunale ha approvato il programma di recupero con una delibera arrivata dopo anni di acceso confronto-scontro con i cittadini, in particolare i residenti del palazzo noto come “civico 207”. Il programma avrà una copertura economica di circa 3,7 milioni di euro per la “Direzionalità Villa Gioia” e oltre 3,5 milioni per “Santa Croce/Porta Barete”. Risale al 2014 il “caso-Porta Barete”, una delle storiche porte dell’Aquila della quale si era persa la traccia dopo il terremoto del 1703 e riemersa durante i lavori di ricostruzione, perché il palazzo – abbattuto per essere ricostruito a Villa Gioia – sorgeva proprio nella zona dove vennero individuate le tracce dell’antico manufatto: si tratta dell’unico intervento forzato di un edificio residenziale da delocalizzare, e che ha visto anche un ricorso al Tar dei residenti, poi perso. Ma a essere coinvolti nel grande progetto di riqualificazione ci sono anche altri palazzi, tra cui quello al civico 33. Ora a protestare e a lamentare ritardi nella ricostruzione di questi palazzi – che insistono in quell’area – sono i proprietari degli appartamenti, che aspettano da anni di sapere quando potranno tornare a casa.

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Marianna Gianforte: