Fare la spesa costa di più e Pescara è la città abruzzese con più aumenti. Appello di Federconsumatori affinchè vengano adottate misure urgenti
Fare la spesa sta diventando un lusso e Pescara è la città d’Abruzzo in cui si paga di più secondo Federconsumatori. Dal 2022 al 2025, il costo medio della spesa alimentare è salito del 18,3%, con picchi che superano il 50%. L’Associazione chiede controllo dei rincari ingiustificati, promozione delle filiere corte, incentivi per l’acquisto di prodotti locali e stagionali.
Francesco Trivelli, presidente di Federconsumatori Abruzzo, evidenzia che «i rincari colpiscono in modo sproporzionato le fasce più deboli: lavoratori precari, famiglie numerose, pensionati. Il rischio concreto è l’aumento delle disuguaglianze sociali.
Il caro-prezzi ha effetti tangibili sulla vita quotidiana. Oggi un pasto completo costa 5,54 euro al giorno a persona, contro i 4,68 euro di tre anni fa. Per una famiglia di quattro persone significa una spesa mensile di circa 660 euro solo per l’alimentazione, con un incremento di 100 euro, rispetto al 2022. A risentirne sono soprattutto le scelte alimentari: sempre più cittadini si vedono costretti a rinunciare a prodotti freschi e salutari, come pesce o frutta di stagione, per orientarsi su alimenti più economici ma meno nutrienti, come pasta, riso o cibi confezionati.
Emblematico è il caso del caffè: bene simbolo della quotidianità italiana, il suo prezzo è salito del 56,7%, passando da 0,19 a 0,30 centesimi di euro a tazzina. Chi ne consuma due al giorno, oggi spende 18 euro in più al mese solo per questa abitudine.
L’aumento dei prezzi alimentari non è stato compensato da un adeguato aumento dei salari. Un lavoratore con uno stipendio netto medio di 1.500 euro ha visto il proprio potere d’acquisto ridursi di circa 100-150 euro al mese, considerando solo l’aumento della spesa per l’alimentazione. La situazione è ancora più difficile per i lavoratori precari o part-time, per i quali il costo del cibo può arrivare ad assorbire fino al 30-40% del reddito mensile, riducendo drasticamente la capacità di risparmio e di spesa in altri ambiti essenziali.
Tra le categorie più colpite ci sono senza dubbio i pensionati, il cui assegno medio mensile – fermo tra 1.200 e i 1.400 euro – non tiene il passo con l’aumento dei costi. Alcuni prodotti di base hanno subito rincari significativi: il latte è aumentato del 15,2%, il pane del 15%, la pasta dell’1,4%. Di fronte a questi aumenti, molti anziani sono costretti a tagliare altre spese importanti, come quelle sanitarie o ricreative, con un impatto diretto sulla qualità della vita. Sempre più spesso, chi non può contare su aiuti familiari o integrazioni è costretto a rivolgersi a mense sociali o a richiedere bonus spesa.
Per affrontare questa situazione critica, sono necessarie risposte su più livelli: scelte quotidiane con acquisti consapevoli e sostenibili, come ad esempio, sostituire le bevande industriali, come i succhi di frutta (aumento +51,9%) con frutta fresca stagionale oppure nel preferire prodotti locali, stagionali e a chilometro zero, valorizzando la rete dei mercati rionali e le filiere corte. Approfittare di promozioni e sconti mirati, evitando sprechi e privilegiando la qualità rispetto alla quantità.
Misure istituzionali urgenti, cioè, istituire forme di attività per rafforzare i meccanismi di controllo sui rincari ingiustificati, in particolare su beni di prima necessità come l’olio extravergine d’oliva, che ha registrato un aumento del 67%.
L’aumento dei prezzi alimentari è una tendenza globale, ma in Italia, e in particolare in Abruzzo, si scontra con l’assenza di adeguamenti salariali e pensionistici che rendano sostenibili i costi della vita. I dati fiscali della regione Abruzzo mostrano una distribuzione del reddito che spiega, in parte, le difficoltà delle famiglie di fronte all’aumento dei prezzi alimentari.
I dati IRPEF 2024 dipingono una realtà preoccupante per l’Abruzzo: oltre il 55% dei contribuenti guadagna meno di 20mila euro l’anno, ovvero sotto i 1.340 euro al mese (calcolato su 13 mensilità). Quasi un abruzzese su quattro (22,6%) sopravvive con meno di 577 euro mensili (reddito annuo sotto i 7.500 euro ). Solo una minima parte (2%) supera i 75mila euro annui, mentre la classe media, quella più tartassata (29mila-50mila euro) si sta assottigliando.
Il rischio concreto è l’accentuarsi delle disuguaglianze sociali, con una fetta sempre più ampia di popolazione costretta a rinunciare alla qualità della vita per far fronte alla spesa quotidiana. Senza interventi strutturali e tempestivi, la crisi alimentare rischia di diventare una vera e propria emergenza sociale”.

