Pineto: due anni fa la tragedia del piccolo Marco, lo zio avvocato chiede giustizia

Pineto: due anni fa la tragedia del piccolo Marco, lo zio avvocato chiede giustizia, il prossimo 24 novembre la sentenza per l’unico imputato, il medico Darush Bari.

Era un pomeriggio tiepido a Pineto quel terribile 25 settembre del 2015, Marco Calabretta, 9 anni, stava giocando a calcetto in un campo sportivo, un improvviso malore, si accascia a terra, subito vengono chiamati i soccorsi. Arrivano due ambulanze, una da Silvi una da Atri, in particolare sulla seconda ambulanza c’é un medico di origine iraniana, Bari Darush. cerca di gestire come meglio può l’emergenza, non ritenendo di dover utilizzare, però, il defibrillatore. Il piccolo Marco arriva al Pronto Soccorso in condizioni critiche, solo in quel momento, a distanza di quasi mezz’ora dal malore, gli viene fatto un elettroencefalogramma che evidenzia una fibrillazione ventricolare. Nonostante i disperati tentativi per rianimarlo, Marco di lì a poco muore, a soli 9 anni, facendo sprofondare nella disperazione i suoi genitori e riportando alla memoria di molti la tragedia di Piermario Morosini, il centrocampista del Livorno deceduto in circostanze simili allo stadio adriatico Cornacchia di Pescara, nell’aprile del 2012. In un primo momento il processo non sembra decollare, fino alla relazione dei due medici legali incaricati dalla Procura nella quale, alla luce dell’esame autoptico,  parlano di gravi omissioni da parte di chi ha prestato le cure a Marco. Dietro la sbarra finisce dunque un solo imputato, il medico Bari Darush con l’accusa di omicidio colposo. Marco, al quale é stata per altro riscontrata una cardiomiopatia ipertrofica, era in tachicardia ventricolare poi degenerata in fibrillazione ventricolare, ed “andava assolutamente defibrillato”:

“Tutto questo non è stato fatto – ci spiega suo zio Giulio Calabretta – nonché avvocato della famiglia di Marco al processo in corso al tribunale di Teramo – addirittura Darush nelle telefonate con la sala operativa del 118, come da me riscontrato dalle trascrizioni puntualmente prodotte in aula, appare incerto nella versione da fornire, parlando prima di arresto cardiaco, poi di brachicardia e dicendo di aver somministrato atropina ed adrenalina, tanto da sentirsi quasi rimproverare per aver utilizzato questo tipo di farmaci ad un bambino così piccolo”

Darush, dunque, unico imputato, ma l’avvocato Calabretta chiama in causa anche l’infermiere della prima ambulanza:

“Alla domanda specifica del giudice – spiega Calabretta – per quale motivo non avesse defibrillato il bambino, risponde che il macchinario, alla sua accensione, non segnalava la necessità e che comunque non aveva a supporto una certificazione perché si era dimenticato di premere il pulsante stampa per avere l’elettroencefalogramma. Quello della mancanza di una documentazione che certifichi cosa avvenne in quei concitati minuti é un altro serio problema sul quale spero i giudici facciano luce.”

C’é poi la questione civilistica con la Asl di Teramo che non ha ritenuto opportuno chiedere un risarcimento o avvalersi sul piano assicurativo:

“La regione sborsa fior di milioni per pagare le compagnie assicurative per casi del genere, mi chiedo che cosa li paga a fare – chiosa con rammarico Calabretta che poi affida un pensiero ai genitori di Marco – hanno affrontato questa tragedia con grande dignità ed addirittura si battono affinché in centri sportivi frequentati da bambini come Marco, si promuova l’importanza della verifica accurata sulla presenza di eventuali patologie, perché non ci sia mai più nessun Marco.”

IL SERVIZIO DEL TG8:

Luca Pompei: