Omicidio Montesilvano: dalla comunità Rom un appello alla distensione

Omicidio Montesilvano: dalla comunità Rom un appello alla distensione all’indomani del pestaggio in carcere della sorella del presunto assassino.

L’ennesimo fatto di cronaca che esalta, gioco forza, un’assurda contrapposizione tra la comunità Rom ed il resto della popolazione. Tra il timore di vendette trasversali e la latitanza di Massimo Fantauzzi, il presunto assassino di Antonio Bevilacqua che secondo qualcuno si nasconderebbe principalmente per non incorrere nell’ira funesta di amici e familiari della vittima, la spiacevole notizia del pestaggio di Sabrina Fantauzzi, sorella di Massimo, all’interno del carcere Madonna del Freddo di Chieti ad opera di tre donne di etnia Rom. In attesa e nella speranza che Fantauzzi si costituisca al più presto, parte proprio dalla comunità Rom abruzzese, quella che nel caso specifico ha pagato il prezzo più alto, un appello alla distensione. A metterci la faccia Enrico Spinelli, 37 anni, componente di una delle famiglie storiche di Pescara, fedina penale immacolata ed operaio specializzato:

“Eccoci di nuovo qua a parlare di questa assurda separazione tra, come dicono in molti, i civili e gli zingari – esordisce Spinelli intervistato dal Tg8 – sono anni che aspiriamo ad una completa integrazione ma ci scontriamo sempre più spesso con sacche di resistenza che hanno un approccio razzista nei nostri confronti. Siamo qui a piangere la morte di un giovane di 20 anni a pochi mesi da un’altra tragedia, quella del giovane Manuel accoltellato ad Alba Adriatica, ed invece di predicare calma e serenità si corre il rischio di gettare ancora benzina sul fuoco. Basta guerre e contrapposizioni, io e la mia gente siamo innanzitutto  cittadini italiani con i nostri diritti e doveri e nella vita, ognuno come può, vuole dare il suo contributo lavorando anche duramente, come sono stato io educato a fare, anche se spesso, nei colloqui di lavoro, appena leggono il cognome, anche se sei altamente qualificato, ti chiudono le porte in faccia.”

E’ anche vero che la vostra reputazione é spesso principalmente intaccata da non pochi episodi di criminalità:

“Tutti commettono sbagli – fa notare Enrico – ma i nostri pesano cento volte di più per il cognome che portiamo e per la cultura di cui facciamo parte. I rom non sono solo ladri, spacciatori o usurai, così come gli italiani non sono solo mafiosi e camorristi, tanti tra di noi, soprattutto i più giovani, desiderano integrarsi, e non chiedono altro che poter disporre delle stesse possibilità degli altri. L’appello che voglio lanciare é quello di una reale riconciliazione con la speranza che un giorno possiamo vivere tutti in pace e serenità come tra l’altro cerco di fare io con i tantissimi amici che ho a Pescara e che mi dimostrano il loro affetto infischiandosene del cognome che porto.”

IL SERVIZIO DEL TG8: