Chieti: riflessione sull’ergastolo ostativo. “Serve una Riforma”

L’ergastolo ostativo è stato il tema al centro dell’incontro, ospitato a Chieti dal teatro Marrucino, preceduto dalla proiezione del docufilm “Spes contra Spem- Liberi Dentro”. L’associazione “Nessuno tocchi Caino” auspica una riforma che restituisca la speranza a tutti i detenuti.

E’ un argomento che è tornato di grande attualità quello dell’ergastolo ostativo dopo la sentenza della Corte dei Diritti dell’uomo di Strasburgo che ha accolto le richieste del capo mafia Marcello Viola, il quale era già stato condannato in Italia a 4 ergastoli, ritenendo che la condanna al carcere “duro” o “ostativo”, cioè a vita e senza possibilità di beneficio, è disumana, perché toglie anche la speranza di uscire dal carcere. 

A Chieti oggi, 15 ottobre, al teatro Marrucino, si è svolto un dibattito nel corso del quale Elisa Zamparutti, tesoriera dell’Associazione ‘Nessuno tocchi Caino’, ha ribadito, alla presenza del cabarettista Germano D’Aurelio, in arte ‘Nduccio’, da sempre impegnato in campagne sociali, la “Necessità di una riforma, mentre si attende con fiducia la decisione della Corte Costituzionale che il prossimo 22 ottobre si esprimerà sulla legittimità del regime ostativo applicato all’ergastolo”.

Il dibattito è stato preceduto dal docufilm di Ambrogio Crespi “Spes contra Spem- Liberi Dentro”, prodotto da Nessuno tocchi Caino e da Index Production e già presentato alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e alla Festa del Cinema di Roma.

Il titolo è tratto dal motto contenuto nel passaggio della Lettera di San Paolo ai Romani sull’incrollabile fede di Abramo che “ebbe fede sperando contro ogni speranza”.

Il docufilm è frutto del dialogo e della riflessione comune di detenuti condannati all’ergastolo e del direttore del carcere e degli agenti di polizia penitenziaria della Casa di Reclusione di Opera.

Crespi ha detto “Abbiamo promosso una riflessione su mai contro qualcuno per stimolare il legislatore. Serve un impianto normativo che contempli il rispetto dei diritti umani. Nel rispetto della persona e dei lavori della magistratura. Nel docufilm emerge con chiarezza non solo un cambiamento interiore dei detenuti nel loro modo di pensare, di sentire e di agire ma anche la rottura esplicita con logiche e comportamenti del passato e una maggiore fiducia nelle istituzioni. Dalle testimonianze emerge anche che l’istituzione-carcere può rendere possibile il cambiamento e la ri-conversione di persone detenute in persone autenticamente libere”.

 

 

Gigliola Edmondo: