Uomo morto precipitando dal sentiero: le verità nell’autopsia

Sarà l’autopsia a dire cosa sia accaduto all’uomo morto, ieri, precipitando dal massiccio roccioso a cui è addossato il santuario della Madonna d’Appari. Non si esclude stesse tentando di scattare una foto.

L’incidente ieri, poco distante da Paganica, precisamente lungo la strada statale 17 bis che conduce a Fonte Cerreto, la stazione di valle della funivia del Gran Sasso. Una delle ipotesi al vaglio degli investigatori, impegnati a fare luce sull’accaduto, è che l’uomo si sia sporto troppo, perdendo mortalmente l’equilibrio, per scattare una fotografia al paesaggio.

Alla tragedia hanno assistito alcune persone  che hanno dato l’allarme: sul posto sono giunte la volante, la polizia scientifica per i rilievi ed i sanitari del 118 che non hanno potuto fare altro che constatare il decesso dell’uomo. Secondo le poche informazioni in possesso agli agenti, l’uomo era vestito con tuta e scarpe da ginnastica non adatte al tipo di percorso scelto per effettuare la passeggiata.

Sul posto un elicottero del 118 con a bordo personale medico e del Soccorso alpino (Cnsas): non si è  potuto far altro che constatare il decesso. Dopo poco sul luogo dell’incidente sono arrivati gli agenti della Volante per mettere al corrente il Pm di turno (il sostituto procuratore Simonetta Ciccarelli) il quale ha ordinato la rimozione della salma per essere sottoposta già da questa mattina all’autopsia. La vittima non aveva con sé documenti di riconoscimento, né un telefono cellulare: non è stata nemmeno trovata nei paraggi una macchina.

La salma, trasferita all’obitorio dell’ospedale San Salvatore, è a disposizione dell’autorità giudiziaria.

Sarebbe stato identificato in Gianni Carrozzi, 44enne, residente a Paganica, il corpo dell’uomo precipitato dal massiccio roccioso. Ex carabiniere, allenatore di calcio delle squadre giovanili del Moro Paganica, Carrozzi è sposato e padre di due figli. La moglie, allertata per il riconoscimento, si trova all’estero: starebbe rientrando in Italia. 

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Barbara Orsini: