video » Sulmona, patto di ‘ndrangheta in carcere

femia omicidioPromosso: quando si hanno le amicizie giuste, passare da malavitoso qualunque ad affiliato della ‘ndrangheta è cosa da niente. Bastano un omicidio, la detenzione in luogo idoneo, e il contatto è garantito. Il carcere di Sulmona, per esempio, dove l’aspirante ‘ndranghetista Gianni Cretarola era detenuto per omicidio dal 2001 e dove nel 2008 suggellò come da copione il patto di affiliazione, prima braccio a braccio e sangue a sangue, poi altro rituale con brindisi d’onore: bere tutto d’un fiato il sangue di un detenuto compare, auto-feritosi per l’occasione. Pronunciato il giuramento di rispetto alle regole della casa e scontata alla bell’e meglio la sua pena, ebbe il compito di coordinare l’esecuzione di Vincenzo Femia, boss calabrese insediatosi nella capitale. Femia, fatto fuori dagli ex colleghi delle ‘ndrine nel gennaio dell’anno scorso, voleva vendere droga in saldo, calmierare il mercato, ribassando i prezzi, per impadronirsene. L’intraprendenza di questo paladino di “stupefacente” illegalità fu presto punita, poiché lo sgarro avrebbe compromesso gli equilibri di mercato della roba. L’esecuzione avvenne in un angolo buio della periferia romana; del commando, oltre a Cretarola, facevano parte altre tre persone: Massimiliano Sestito e i fratelli Francesco e Antonio Pizzata. I tre sono stati arrestati ieri dalla mobile di Roma proprio in seguito alle rivelazioni dell’oggi collaboratore di giustizia Gianni Cretarola, sanremese di Calabria, che nel dicembre scorso aveva preceduto in carcere i suoi compari. Nella sua abitazione romana era stato trovato un quadernetto con le formule dei cerimoniali della ‘ndrangheta, riti che bagnano di altro sangue inutile tutto ciò che ruota attorno all’organizzazione.


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