video » Sanitopoli, le motivazioni della sentenza: “Le tangenti a Del Turco sono provate. Pienamente attendibili le accuse di Angelini”

deltucro“Le consegne di denaro descritte dall’Angelini sono pienamente provate. Appare chiaro che gli imputati avevano un vero e proprio programma criminale, volto a favorire in violazione di legge gli interessi delle case di cura e in particolare di quelle gestite da Angelini”. Questo uno dei passaggi più significativi nella lunga relazione dei giudici per la motivazione della sentenza di primo grado al processo Sanitopoli e che é valsa la condanna a 9 anni e sei mesi per l’ex presidente della Regione Abruzzo Ottaviano Del Turco. 11 le condanne rispetto ai 27 imputati, oltre a Del Turco l’ex parlamentare del Pdl Aracu; l’ex manager della Asl di Chieti Conga; lo stesso Angelini; ma anche gli ex assessori regionali Mazzocca e Boschetti; l’ex segretario generale dell’Ufficio di Presidenza Quarta e l’ex capogroppo regionale del Pd Camillo Cesarone. “Ci sono riscontri documentali alle accuse di Angelini – scrivono ancora i giudici – ulteriore riscontro della percezione di cosi elevate somme di denaro da parte degli imputati Del Turco, Cesarone e Quarta é costituito dagli accertamenti patrimoniali svolti da cui sono emersi, in quanto a Del Turco, acquisti immobiliari irregolari in concomitanza con la percezione di denaro per cui si procede”. Secondo il collegio dei giudici presieduto da Carmelo De Santis Del Turco ha tenuto condotte palesemente evincibili di una volontà distrattiva del proprio patrimonio. Il valore degli immobili fittiziamente intestati a terzi é di gran lunga superiore a quello intestato ufficialmente a se stesso. Ulteriore riscontro della percezione di cosi’ elevate somme di denaro da parte degli imputati Del Turco, Cesarone e Quarta e’ peraltro costituito dagli accertamenti patrimoniali svolti dalla polizia giudiziaria, da cui sono emerse quanto a Del Turco, acquisti immobiliari con esecuzione di operazioni bancarie irregolari, in concomitanza con la percezione del denaro per cui si procede”. E’ quanto sostengono ancora i giudici del Tribunale di Pescara nelle motivazioni. Per quanto riguarda Cesarone e Quarta secondo i giudici e’ emersa una “sproporzione tra i redditi lecitamente conseguiti ed i patrimoni personali, ingiustificabile, allo stato, se non quale provento o reimpiego della percezione del denaro per cui si procede”. Questa sera ampio speciale su Rete8 alle 21.00 con replica alle 23.00. In studio Carmine Perantuono e l’inviato di Repubblica Giuseppe Caporale.

I RUOLI NELL’ASSOCIAZIONE A DELINQUERE
Per i giudici “Appare chiaro, conclusivamente, che gli imputati operassero in base ad uno stabile accordo, che li vincolava ad agire, nell’ambito delle pubbliche funzioni rispettivamente rivestite, per agevolare l’adozione dei provvedimenti favorevoli ad Angelini, il cui contenuto era stabilito da Quarta, da Cesarone e da Masciarelli (fino al suo arresto), sotto il controllo di Del Turco, ma la cui approvazione da parte della giunta regionale o della maggioranza consiliare necessariamente passava attraverso l’iniziativa di Mazzocca, assessore competente, come tale proponente di tutte le delibere della giunta regionale, nonche’ attraverso l’opera di sistemazione tecnica di Di Stanislao, essenziale a tale disegno in quanto idonea a rivestire di rigore tecnico il contenuto dei provvedimenti e ad occultarne il carattere di favoritismo nei confronti di Angelini, ed infine attraverso l’attivita’ di commissione dei consiglieri regionali Boschetti e Cesarone”. “Cesarone e Del Turco, agendo nelle loro rispettive qualita’ di consigliere regionale e di presidente della giunta regionale – hanno inoltre scritto i giudici – hanno richiesto ad Angelini la dazione di ingenti somme di denaro prospettandogli, in caso avesse aderito alla richiesta, di orientare le attivita’ amministrative e di iniziativa legislativa all’epoca in itinere presso la Regione, in senso favorevole all’attivita’ imprenditoriale delle case di cura gestite da Angelini, avvertendolo che, a causa delle attivita’ ispettive e di indagine in corso, era difficile aiutarlo, ma che erano i soli a cui poteva rivolgersi, sicche’ avrebbe dovuto sostenerli economicamente”.

PERCHE’ FU CORRUZIONE E NON CONCUSSIONE
“Gli imputati hanno agito in posizione di sostanziale parita’ ed operato su un piano di interscambio contestuale tra attivita’ del pubblico ufficiale e dazione di denaro”. E’ il passagio in cui giudici spiegano perche’ il reato di concussione e’ stato riqualificato in corruzione. “A tali condotte – proseguono i giudici – hanno concorsualmente partecipato Del Turco Cesarone, materiali autori entrambi delle condotte di illecita proposta all’Angelini, Del Turco di ricezione del denaro, nonche’ Quarta, recettore su incarico di Del Turco delle richieste di Angelini e sostenitore dell’inutilita’ di accertamento delle inappropriatezze e della necessita’ di immediato riordino della rete ospedaliera, quale responsabile dell’attuazione del programma della giunta regionale e segretario della presidenza e quindi portavoce della volonta’ politico-amministrativa di essa”.

“ANGELINI PIENAMENTE ATTENDIBILE”
“Le dichiarazioni di Angelini sono pienamente attendibili, in quanto in se’ logiche e coerenti, precise, dettagliate, nonche’ riscontrate sia da risultanze documentali sia da dichiarazioni testimoniali”. E’ uno dei passaggi salienti delle motivazioni. “Il piu’ significativo riscontro dell’attendibilita’ delle dichiarazioni di Angelini – si legge ancora nella sentenza – e’ proprio quest’ultimo: l’accertata generale condizione di illegalita’ e di favoritismo nei confronti delle case di cura del gruppo Villa Pini nella quale entrambe le amministrazioni regionali abruzzesi (la prima di centrodestra la secondo da centrosinistra, ndr) succedutesi all’epoca dei fatti, nonche’ la Asl nel periodo di gestione di Conga con l’avallo politico di Aracu, hanno operato nel settore della sanita’, illegalita’ frutto della condotta proprio di tutti coloro a cui Angelini ha dichiarato di avere consegnato denaro o concesso altri favori, anche non costituenti di per se’ reato, quali l’assunzione di lavoratori da loro raccomandati”.

LA BUSTA DI MELE
“La dazione di denaro descritta da Angelini appare pienamente provata”. E’ la parte delle motivazioni in cui i giudici del Tribunale di Pescara si soffermano sull’episodio della presunta dazione di denaro che Angelini avrebbe consegnato all’ex governatore abruzzese il 2 novembre 2007 a Collelongo. Si tratta della vicenda in cui Angelini, dopo la consegna della presunta tangente, esce da casa di Del Turco con una busta piena di mele che inizialmente avrebbe contenuto fascette di denaro. Dazione immortalata anche da alcune fotografie scattate dall’autista dell’epoca dell’ex imprenditore della sanita’. “Va osservato in primo luogo – scrivono i giudici – che la fotografia n.95 ritraente le mele e’ stata scattata qualche minuto dopo la 94, cioe’ quando Angelini era appena uscito da casa dell’imputato, sicche’, non risultando che le abbia portate con se’ da casa, ne’ tenute in clinica e da li’ portate in auto a Collelongo, ne’ risultando che si sia fermato durante il viaggio per acquistarle, deve ritenersi che le mele gli siano state effettivamente consegnate dall’imputato”.

ARACU, PATRIMONIO INGENTE E SPROPORZIONATO

Nel descrivere la posizione dell’ex deputato del Pdl Sabatino Aracu, all’epoca dei fatti segretario regionale di Forza Italia, e condannato a 4 anni per tangenti dal tribunale presieduto dal giudice Carmelo De Santis, la sentenza scrive che ulteriore riscontro delle dazioni che gli sarebbero state versate dal patron di Villa Pini “é costituito dal suo ingentissimo patrimonio personale, la cui provenienza é del tutto ingiustificabile allo stato, se non del frutto, provento o reimpiego della percezione per cui del denaro per cui si procede”. L’Aracu nel richiedere denaro all’Angelini (il patron di Villa Pini e grande accusatore della sanitopoli abruzzese ndr) utilizzò strumenti di pressione – la propria preminenza politica”, “i problemi relativi alla remunerabilità delle prestazioni sanitarie di Villa Pini, effettivamente sussistenti e noti all’Angelini ed in tal modo lo convinse” a versare le tangenti. E dopo aver analizzato in modo dettagliato le proprietà di Aracu e le sue società e le dichiarazioni dei redditi, i giudici concludono dicendo che “non avendo l’imputato adeguatamente giustificato la descritta sproporzione patrimoniale deve ritenersi altamente probabile che le spese sostenute e gli acquisti fati dall’2004 in poi siano stati frutto dell’utilizzo del denaro ricevuto dall’Angelini”.


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