Una violenza cieca, sorda, muta, crudele come ogni violenza ma di più, perché la vittima era un bambino, anzi era il figlio. Figlio, sì, di Katia Reginella, la mamma del piccolo Jason. Due anni fa il caso fece scalpore: un neonato sparito nel nulla e due persone, la madre del bimbo e il suo convivente, a processo per omicidio davanti alla Corte d’Assise di Macerata. Prima di finire in aula spuntarono mille verità, ma nessuna definitiva, nessuna in grado di onorare, pur nell’orrore, almeno la memoria di quel figlio di due mesi. Buttato dal finestrino, caduto accidentalmente dalle braccia del patrigno, abbandonato in un bosco chiuso in un sacco della spazzatura, sepolto in un cimitero e l’ultima, l’ennesima verità venuta fuori nel processo: il piccolo Jason sarebbe morto per aver picchiato la testa sul legno del divano, dove era stato scaraventato perché piangeva troppo. Da luglio del 2011 Katia Reginella e Danny Pruscino sono in carcere (lei a Teramo, lui ad Ascoli) con l’accusa di omicidio volontario aggravato e di occultamento di cadavere. In questi due anni i hanno fornito varie versioni, anche contraddittorie, accusandosi a vicenda. Entrambi abruzzesi, lei è di Nereto, lui di Corropoli, Katia e Danny hanno meno di trent’anni. Ora rischiano l’ergastolo, già chiesto dal Pm Cinzia Piccioni nel processo in corso. Trattandosi di un gesto d’impeto, è esclusa la premeditazione. A tutt’oggi il corpicino di Jason non è mai stato trovato. “La soppressione del corpo – secondo il Pm – sarebbe avvenuta in modo doloso e con il concorso di entrambi gli imputati. Presi dal panico, dopo la morte i due genitori lo avrebbero messo in una busta di plastica e gettato o in un cassonetto dell’immondizia o nelle campagne fra Folignano e Maltignano”. Il processo riprenderà il 21 maggio.
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