Si chiama Vincenzo Gagliardi la persona arrestata per il tentato omicidio di Carlo Pavone, l’ingegnere di 43 anni raggiunto da un proiettile alla testa la sera del 30 ottobre, dopo essere uscito di casa per andare a buttare la spazzatura, in via De Gasperi, a Montesilvano. L’uomo, 49 anni, di Chieti Scalo, impiegato al centro meccanografico delle Poste di Pescara, sarebbe l’amante della moglie di Pavone: il movente del delitto sarebbe, quindi, di tipo passionale. Nei confronti dell’uomo è stato ricostruito un quadro accusatorio “grave e preciso”.
Diversi gli elementi che hanno consentito ai Carabinieri di arrivare a lui: dagli indumenti indossati la sera dell’agguato alla cronologia del computer.
Il suo nome, tra l’altro, era stato fatto agli investigatori la sera stessa del tentato omicidio da un poliziotto, amico d’infanzia di Pavone. Stamani quando è stato arrestato, mentre era lavoro, Gagliardi si è detto innocente. Il 49enne è accusato di tentato omicidio aggravato. Secondo la ricostruzione dei militari, Gagliardi avrebbe atteso che la vittima uscisse di casa per buttare la spazzatura e poi gli avrebbe sparato da distanza ravvicinata, non inferiore ai 60 centimetri e non superiore ai 4-5 metri, dal basso verso l’alto. I diversi elementi raccolti in questi sette mesi dai Carabinieri del Nucleo investigativo, diretti dal capitano Eugenio Stangarone, e da quelli della Compagnia di Montesilvano sono stati tutti accolti dal pm Anna Rita Mantini e dal gip Maria Michela Di Fine. Fondamentali sono stati gli accertamenti sugli indumenti indossati la sera dell’agguato da Gagliardi e poi messi in una busta, successivamente consegnata agli investigatori dalla moglie dell’uomo. I Carabinieri del Ris hanno accertato la presenza di “tracce altamente significative di polvere da sparo” su un giubbotto, sui pantaloni e su un guanto in lattice, mentre l’esame dello stub aveva dato esito negativo perché il 49enne si era lavato i capelli subito dopo essere rientrato a casa. Altrettanto importanti gli accertamenti condotti sul computer di Gagliardi: l’uomo, tra luglio e settembre dello scorso anno, ha visitato siti per la compravendita di armi, un manuale sulla ricarica di cartucce a palla oltre ad aver visionato diverse volte il profilo Facebook di Pavone. In particolare, il 9 settembre il 49enne ha effettuato una ricerca sul web: “a che distanza può essere fatale un colpo sparato da un Flobert calibro 9”. A fare per la prima volta il nome di Gagliardi ai Carabinieri, la sera stessa dell’agguato, è stato un poliziotto che lavora fuori regione, amico d’infanzia di Pavone, a cui l’ingegnere aveva raccontato di una violenta lite con la moglie. Le indagini dei Carabinieri, che hanno consentito di smontare gli alibi di Gagliardi, sono andate avanti senza sosta, anche attraverso le analisi del traffico telefonico dei soggetti interessati, quelle dei supporti informatici ed accertamenti balistici sulle armi sequestrate. Ulteriori accertamenti sono in corso da parte dei Carabinieri che, stamani, in casa del padre dell’uomo arrestato, hanno trovato un fucile Flobert calibro 9 regolarmente detenuto. L’arma è analoga a quella utilizzata per colpire l’ingegnere.
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