Espoliato di tutto, beni materiali e immateriali; privato persino dei sogni, e del “dolce rischio di vederli realizzati”. E’ il popolo del nostro tempo, rinunciatario per costrizione, deluso dalla politica e dagli uomini che la fanno. Una società liquida e liquidizzata che non sa e non riesce più a pensare possibile l’impossibile, che ha smesso di aspettare qualcosa che non c’è e che potrebbe non tornare. Ha parlato all’anima nera di ciascuno Monsignor Bruno Forte, l’Arcivescovo Metropolita di Chieti-Vasto, ma anche il teologo con radici napoletane che qualcuno vede come possibile successore del cardinale Sepe. Una lectio magistralis, quella di monsignor Forte, che segna il decollo del Progetto Abruzzo 2020, voluto dalla fondazione PescaraAbruzzo presieduta da Nicola Mattoscio. L’intento è quello di dare vita ad un contenitore di idee e azioni significative per ricostruire un’identità comune e favorire il dialogo dialogare costruttivo fra le parti sociali, economiche e istituzionali. Una ricostruzione che è anche rinascita dei valori più alti, come quelli citati più volte da Monsignor Forte. Con la chiarezza abituale, Forte ha dato nome e cognome ai guasti del nostro tempo: “la tentazione più sottile che possa impadronirsi della società è che vivere rettamente sia inutile. I giovani prima sapevano sognare, sia pure sotto l’ombrello delle ideologie. Oggi sono in pochi, giovani o anziani, a sentirsi rappresentati dai politici, un tempo per esempio c’era Remo Gasperi. L’alto tasso di litigiosità produce l’allontanamento dalla politica, condannata anche da una legge elettorale anticostituzionale, che tutti dicono di voler cambiare e che nessuno cambia”. Ciononostante è ancora possibile parlare di bene comune, fissare regole minime per garantire reciproca tolleranza e conciliare i diversi interessi. A patto di mantenere alto il profilo etico e individuare le giuste priorità, nobili per tutti. Perché alla fine “beati sono coloro che sognano e che hanno il coraggio di pagare il prezzo più alto per realizzare i propri sogni”.

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