Se non fosse una tragedia, ci sarebbe da ridere. Quel “l’amavo, ma l’ho tradita” pronunciato da Salvatore Parolisi è degno delle banalità lessicali rispolverate alla bisogna da alcuni signori uomini, tipo quell’altra perla di saggezza: “tu meriti di meglio”. Chissà cosa meritava Melania Rea, donna forte e gentile come l’Abruzzo, semplice nell’anima e sontuosa nel fisico. Di certo non meritava di morire per mano di nessuno, e tantomeno del marito, come indica la condanna in primo grado impartita al caporalmaggiore. Voleva il processo a porte aperte, Salvatore. Forse per replicare la lacrimata pubblica andata in onda a “Chi l’ha visto” poco dopo la scomparsa di Melania, quell’intervista che aveva quasi convinto tutti della sua estraneità alla vicenda. Ma ieri le porte dell’aula sono rimaste chiuse, e il lacrimatoio asciutto. Le parole invece no, quelle sono venute fuori, niente di clamoroso, nessuna nuova verità, forse perché verità nuova non c’è. Pare che la frase più notevole uscita dalla bocca di quest’uomo, che dice di non essere stato presente sul luogo del delitto, sia stata proprio quel patetico cinguettio da bignami dei sentimenti: “l’amavo, ma l’ho tradita”. Banalità per banalità, avrebbe potuto chiederle una “pausa di pausa di riflessione”. Ma no. Perché il supereroe Parolisi è l’uomo del doppio, convinto che l’ubiquità dei luoghi – essere a casa con la famiglia vera e in una stanza d’albergo con quella tarocca – legittimi anche l’ubiquità del cuore. Sarà pure innocente, Salvatore Parolisi, ma di eroico ha ben poco; come tutti gli uomini che, per liberarsi della propria donna – o dalla propria donna – scelgono una strada sbagliata. Qualunque essa sia.
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