L’Abruzzo, nel 2013, ha subito una flessione di 24mila lavoratori dipendenti, risultato peggiore degli ultimi 15 anni: da 371mila unità del 2012 si è passati a 347mila dello scorso anno, con un decremento del 6,4%, pari ad oltre tre volte il dato nazionale (-1,9%). La flessione arriva a quota 32mila se si considera il periodo 2008-2013. E’ quanto emerge da un’indagine curata dal ricercatore abruzzese Aldo Ronci del centro studi CNA. A livello territoriale, la provincia che, con 11mila dipendenti in meno, subisce un vero e proprio crollo è L’Aquila. Il Pescarese registra una flessione di 6mila unità. Seguono Chieti (-4mila) e Teramo (-6mila). Per quanto riguarda i settori economici, l’industria e il commercio, assieme alla ristorazione, registrano flessioni di 9mila unità, le costruzioni segnano una riduzione più modesta (-6mila), i servizi ottengono un decremento di mille, mentre l’agricoltura aumenta di mille unità. Considerando il periodo 2008-2013, il record negativo è quello di Chieti (-18mila unità, -15,3%), seguito da L’Aquila (-5mila, -6,1%), Pescara (-5mila, -6%) e Teramo (-3mila, -2,8%). Male, nei cinque anni, l’industria (-12mila) e il commercio (-10mila), seguiti da costruzioni (-6mila), agricoltura (-2mila) e sevizi (- mille). “La flessione di 24mila dipendenti nel 2013 – commenta Ronci – è il risultato peggiore degli ultimi 15 anni, peggiore anche del decremento di 22mila unità verificatosi nel 2009, mentre l’incremento di 6mila autonomi non è rassicurante in quanto probabilmente maschera rapporti di dipendenza mediante il ricorso all’apertura di partite Iva e ai contratti di Co.Co.Co. in particolare nel settore dei servizi”.
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