La relazione dell’istituto superiore della sanità é solo l’ultima di una lunga serie di allarmi più che motivati riguardo agli effetti nocivi per un’intera comunità dell’acqua contaminata dalla discarica dei veleni di Bussi. ” Acqua contaminata da sostanze di accertata tossicità é stata distribuita in un vasto territorio e a circa 700 mila consumatori, senza limitazioni d’uso e di controllo anche per fasce a rischio di popolazione, utenze sensibili come scuole ed ospedali”. Questo il passaggio più inquietante nella relazione di circa 70 pagine rilasciata dalla più importante autorità in campo sanitario a livello nazionale. Sulla scia una valanga d’interrogazioni parlamentari a cominciare da quella di Ermete Realacci, ma anche dei parlamentari abruzzesi Melilla e Pezzopane, oltre ad una serie di reportage sulle più importanti testate televisive nazionali come a rilanciare la questione alla vigilia di un’udienza delicata in Corte d’Assise a Chieti, sulla quale pende una decisione importante in merito alla richiesta di ricusazione avanzata dagli avvocati degli imputati nei confronti del presidente del tribunale di Chieti per una dichiarazione che avrebbe mostrato dubbi sulla sua imparzialità. Va detto che l’allarme sociale é più incentrato, come hanno spesso messo in evidenza le associazioni ambientaliste, sull’urgenza di bonifica di un’area di almeno 25 ettari, piuttosto che sulla certezza della pena per gli imputati, in primis i vertici di Montedison, ma va da se che l’ennesimo stop ad un procedimento che va avanti ormai da 7 anni e che é passato già in due fasi preliminari, con il rischio prescrizione all’orizzonte, farebbe cadere nel vuoto un carico di responsabilità, secondo l’accusa, enorme a discapito, tra l’altro, di tutti quegli enti, associazioni e privati, costituitisi parte civile. Sullo sfondo un procedimento parallelo che ha portato, lo scorso 29 gennaio, al sequestro di una seconda discarica e all’iscrizione sul registro degli indagati di sette persone tra vecchi e nuovi amministratori della Solvay in una diversa inchiesta condotta dai Pm Mantini-Bellelli che viaggia sull’ipotesi di disastro colposo e reato ambientale. Vicenda per la quale la Solvay ha più volte ribadito la sua più totale estraneità.
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Una bomba ecologica che per decenni ha inquinato, letteralmente avvelenato i pozzi, di circa 700 mila persone, quelle che abitano nella ValPescara. In pratica mezzo Abruzzo, almeno fino al 2007 quando sono stati chiusi i pozzi, ha bevuto acqua contaminata senza saperlo e senza sapere gli effetti sulla salute. Il sigillo arriva dalla relazione dell’Istituto Superiore di Sanità, chiesta dall’Avvocatura dello Stato per il processo in Corte d’Assise che si sta svolgendo a Chieti: per l’accusa quindi la mega discarica di veleni tossici industriali del sito Montedison di Bussi sul Tirino ha rilasciato nelle falde e negli acquedotti dell’acqua captata per la popolazione tonnellate di metalli pesanti, frutto delle 250mila tonnellate di rifiuti sotterrati nell’area contigua al fiume Pescara. Oltre 20 indagati alla sbarra a Chieti per reati quali: avvelenamento delle acque; disastro doloso; commercio di sostanze contraffatte e adulterate; delitti colposi contro la salute pubblica; truffa. Tra gli indagati i vertici di Montedison, mentre quelli della Solvey sono indagati nella seconda tranche delle indagini per la mancata messa in sicurezza delle discariche. Parlano di analisi choc, di risultati sconvolgenti, ma quella di Bussi è una vicenda che si allontana nel tempo: fu grazie alle denunce degli ambientalisti e al lavoro del Corpo Forestale se già dal 2007 i pozzi avvelenati di S.Angelo furono chiusi. “L’acqua contaminata è stata distribuita in un vasto territorio e a circa 700 mila persone senza controllo e persino a ospedali e scuole”, scrive la relazione dell’Istituto Superiore di sanità. “La qualità dell’acqua è stata indiscutibilmente significativamente e persistentemente compromessa”, prosegue la Relazione dell’ISS. Il guasto “per effetto dello svolgersi di attività industriali di straordinario impatto ambientale in aree ad alto rischio per la falda acquifera e per le azioni incontrollate di sversamento”. Ma l’Iss punta il dito con particolare severità sulla “mancanza di qualsiasi informazione relativa alla contaminazione delle acque con una molteplicità di sostanze pericolose e tossiche, solo una parte delle quali potrà essere tardivamente e discontinuamente oggetto di rilevazione nelle acque, ha pregiudicato la possibilità di effettuare nel tempo trattamenti adeguati alla rimozione delle stesse sostanze dalle acque”. Così si legge nella relazione di 70 pagine scritta dai consulenti tecnici dell’Avvocatura dello Stato Pietro Comba, Ivano Iavarone, Mirko Baghino e Enrico Veschetti. “Del significativo rischio in essere non è stata data comunicazione ai consumatori che pertanto non sono stati in condizioni di conoscere la situazione ed effettuare scelte consapevoli”, si legge tra le conclusioni. Ci sono quindi “incontrovertibili elementi oggettivi coerenti e convergenti nel configurare un pericolo significativo e continuato per la salute della popolazione esposta agli inquinanti attraverso il consumo e l’utilizzo delle acque”, chiude l’Istituto Superiore della Sanità. “Ora c’è l’avallo scientifico delle cose che noi diciamo da anni: serve d’urgenza una indagine epidemiologica sugli effetti dell’acqua contaminata sulla saluté, conclude il presidente di Wwf Abruzzo Luciano Di Tizio.
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