video » Grandi rischi bis, alla ricerca di nuovi elementi

SismografoMa allora può essere! Vuoi vedere che l’impegno professionale può anche tornare utile? Per una volta, anziché darci la colpa per tutto ciò che non va solo perché lo raccontiamo, il lavoro dei giornalisti – noi di Rete8 e tutti gli altri – potrebbe contribuire all’accertamento della verità. Né preconcetta né pregiudiziale, solo verità, senza aggettivi. Qualche giorno fa il procuratore generale della Repubblica Giuseppe Falcone ha deciso di avocare al suo ufficio, respingendo due richieste di archiviazione, l’inchiesta Grandi Rischi bis a carico dell’ex capo della Protezione civile Guido Bertolaso. Una decisione rilevante, considerato che a chiedere l’archiviazione erano stati i sostituti procuratori Picuti e D’Avolio, che non hanno ravvisato elementi per una richiesta di rinvio a giudizio. Secondo Falcone invece occorrono altre indagini prima di poter considerare Bertolaso estraneo all’ipotesi di reato di omicidio colposo plurimo. Tutto nasce dalla gestione dello sciame sismico che da mesi, ben prima del 6 aprile del 2009, stava scuotendo gli aquilani. Cinque giorni prima della grande scossa, il 31 marzo, la Commissione Grandi Rischi, riunitasi a L’Aquila, avrebbe concluso i lavori pronunciando parole rassicuranti, che avrebbero indotto la popolazione a considerare lo sciame non pericoloso. Una specie di buon segno, quelle scosse quotidiane, come se il terremoto avesse scelto di scaricare piano piano la sua energia, potenzialmente devastante. Bertolaso, che a quella riunione non c’era, per le parti lese sarebbe da ritenere “mandante” di un’operazione da lui stesso definita “mediatica”, come emerso dall’intercettazione telefonica con l’allora assessore regionale alla protezione civile Daniela Stati (poi uscita fuori dall’inchiesta). Ora la nuova istruttoria dovrà stabilire se esistano i presupposti per arrivare all’incriminazione. Occorrerà acquisire nuovi elementi, diversi dalle intercettazioni già note, probabilmente anche andandoli a recuperare nell’informazione di questi anni: dichiarazioni, siti web, giornali, interviste, programmi televisivi. Quello che vi proponiamo qui di seguito è il testo del servizio trasmesso da Rete8 il 26 ottobre del 2012, nel corso del programma Prima Pagina, condotto da Paolo Mastri.


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“L’Aquila è trendy. Si porta, come una borsetta in tinta. Tutti ne parlano. Ora. Sembra che il terremoto ci sia stato l’altro ieri, e non solo perché la città crollata è ferma al 2009. Ma per questa improvvisa, insperata, rinnovata attenzione. Rubriche fisse nei tg nazionali, 30 secondi al giorno, come una medicina amara, per ricordarci che lì c’è stato un terremoto e che gli aquilani sono come don Chisciotte: bella gente, sì, ma che lotta contro i mulini a vento. I conti li hanno fatti bene, alla tivvù, il 6 aprile si avvicina, meglio prendere l’abbrivio lungo, per arrivare in crescendo di pathos alla data dell’anniversario. L’attenzione si risveglia e lo share pure; si svegliano persino le istituzioni, dopo il lungo sonno dell’inerzia. Gli aquilani no, loro non ne hanno bisogno. Mica dormono. Il sonno l’hanno perso quella notte, quando la terra ha urlato il suo messaggio inascoltato, e l’hanno perso ancora i giorni e le notti successive, coccolati dal silenzio operoso dei soccorritori, tediati dal gran baccano dei politici in parata sul red carpet delle macerie e schifati dalle risate di chi, con la voce gongolante e le pupille a forma di doblone, pregustava giorni lieti. Venghino venghino, affari d’oro con la ricostruzione. Gli affari forse li hanno fatti, la ricostruzione…non pervenuta. All’epoca del sisma, Gabrielli era il prefetto dell’Aquila, e Bertolaso era il capo della protezione civile. L’istituzione che rappresenta lo Stato e il braccio operativo della macchina dei soccorsi avevano un’intesa stretta e collaborativa, al punto che l’uno, Gabrielli, è divenuto il successore dell’altro. Esperienza ne ha fatta, non c’è dubbio: palestra aquilana. Bertolaso invece è finito nell’occhio del ciclone, e mica una volta sola. Dopo il centro sportivo a bordo fiume e i massaggi alla schiena, dopo i grandi eventi discutibilmente imparentati con la protezione civile, ci mancava “l’operazione mediatica” inscenata la settimana precedente il terremoto, ad offuscare l’immagine del salvatore. Intendiamoci, che quel 31 marzo 2009 l’espertume nazionale si sia riunito a L’Aquila perché la popolazione era allarmata da mesi di traballamenti, di per sé non sarebbe un sacrilegio. Altra cosa sarebbe se l’allegra comitiva arrivò in città più per far vedere che il fenomeno veniva preso sul serio, che per prenderlo sul serio, magari studiandolo senza pregiudizi e ascoltando tutte le voci, dai cani a Giuliani. Male non poteva fare. Ma il terremoto non si può prevedere – né allora, in Abruzzo, né ora, che trema tutto il Paese – Gabrielli lo ripete come un mantra scaramantico. E noi pure, ormai dovremmo saperlo che l’Italia è tutta sismica, mica si può essere dovunque: ce l’aveva spiegato per benino Titti Postiglione, ospite di Santoro nel programma Anno Zero. Qualche dubbio affiora, e non solo da questa trasmissione. Spulciando nella rete, si scopre una voce critica autorevole, assai vicina al circuito della protezione civile. Il vice presidente dell’ISPRO, il generale Luigi Manfredi, a proposito della commissione scrive sul sito dell’ISPRO, l’Istituto per le ricerche e gli studi sulla protezione e la difesa civile: “Durante il terremoto d’Abruzzo, alcuni componenti della Commissione Grandi Rischi furono convocati all’Aquila dal Dipartimento della protezione civile. Non era la Commissione riunita formalmente nella sua veste istituzionale né nella sua interezza. Dall’incontro scaturirono, nella successiva conferenza stampa, alcune improvvide quanto infelici esternazioni che intendevano tranquillizzare la gente su ulteriori movimenti tellurici”. Ricapitoliamo: Gabrielli, allora prefetto dell’aquila, oggi dirige la protezione civile, Bertolaso è in pensione processuale, in compagnia di Barberi, Boschi e gli altri ormai ex membri della Commissione. Commissione che il governo Monti ha subito rinnovato integralmente, lasciando la presidenza emerita a Giuseppe Zamberletti, l’ex ministro della protezione civile che, nel 1985, fece evacuare la città di Pisa, dopo che Boschi e Barberi, oggi fra gli indagati per eccesso di rassicurazioni, segnalarono un probabile terremoto in Garfagnana, previsto su base statistica. Zamberletti è anche fondatore e presidente dell’Ispro, il cui vice è il generale Manfredi, ma è stato anche presidente della società Stretto di Messina. Fra i fondatori dell’istituto c’è anche Claudio Eva, uno dei componenti della commissione grandi rischi, accusata di aver rassicurato la popolazione. Tutti, Boschi, Barberi, Eva, Bertolaso & company, si difendono ribadendo rassicurare gli aquilani sarebbe stato impossibile per la natura imprevedibile di ogni terremoto. E qui torniamo al 1985, quando centomila pisani furono evacuati su base “statistica”, più o meno quella cosa che fa mangiare quattro polli anche a chi non ne tocca nemmeno. Il terremoto non ci fu, e Zamberletti, l’uomo che reinventò la protezione civile e fondò il dipartimento apposito, finì indagato per procurato allarme. Come Giampaolo Giuliani, il tecnico del radon: anche lui, nel 2009, rimediò una denuncia. Due cose diverse, dice lo stesso Zamberletti. Quella di Pisa fu una previsione su base statistica, mentre il radon di Giuliani, che pure è un precursore sismico accettato e non sciamanico, non può ancora dirci l’ora e il luogo esatto in cui la terra sta per tremare. Tutto vero, certo. Solo che, ascoltando la statistica, i pisani hanno lasciato casa inutilmente, mentre gli aquilani, soffocando il radon, a casa ci sono rimasti. Poi per la verità arrivò il presidente Berlusconi, che i terremotati voleva addirittura mandarli in crociera…per fortuna non accadde, hai visto mai”.

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