Difetti di notifica per due dei 19 imputati ed inevitabile rinvio al 27 novembre prossimo. Ennesima falsa partenza per il maxi processo per la discarica dei veleni di Bussi che oggi esordiva in Corte d’Assise a Chieti dopo ben tre fasi preliminari e sei anni d’inchiesta. Tuttavia, a pesare su una fase dibattimentale che stenta ad iniziare, non sono tanto queste piccole questioni formali, ma il ricorso in Cassazione del collegio difensivo che sarà discusso il prossimo 18 dicembre, con sentenza prevista non prima di gennaio 2014, contro il diniego da parte del Gup di Pescara Sarandrea, alla richiesta di rito abbreviato per alcuni imputati. Un provvedimento, secondo gli avvocati, abnorme e che potrebbe essere marcato dalla Corte Suprema come illegittimo: “In caso di sentenza favorevole alla difesa – spiega l’avvocato Lino Sciambra, Parte Civile dei comuni di Bussi e Castiglione a Casauria – il processo rischia di tornare per la quarta volta alla fase preliminare, ma anche noi avvocati di parte civile non siamo stati con le mani in mano ed abbiamo presentato una memoria in Cassazione secondo la quale il provvedimento di Sarandrea non rientra in nessuna delle categorie per le quali si può parlare di provvedimento abnorme, per cui restiamo fiduciosi.” Intanto non si é fatto alcun accenno a questo aspetto, stamane, nell’aula consigliare del Comune di Chieti opportunamente allestita, visto che in Tribunale stanno iniziando i lavori di ristrutturazione; il giudice Geremia Spiniello affiancato da Paolo Di Geronimo ha aperto e chiuso l’udienza in appena venti minuti lasciando intendere che il prossimo 27 novembre, Cassazione o meno, darà il via quanto meno alle questioni preliminari: “Certamente la parte dibattimentale sarà inevitabilmente rimandata a dopo la sentenza della Cassazione – precisa ancora Sciambra – ma il 27 novembre comunque, conoscendo la serietà e la competenza di Spiniello, saranno comunque definite questioni importanti.” Da ricordare che sul banco degli imputati siede un colosso come la Ex Montedison, ben rappresentata da dirigenti e funzionari, difesi a loro volta dai più prestigiosi principi del Foro in Italia, il Professor Padovani e l’ex Ministro Severino, giusto per fare due nomi. Non di poco conto nemmeno il reato, prima derubricato in adulterazione delle falde acquifere, ma lasciando il vecchio capo d’imputazione, e poi riportato all’ipotesi più grave quella di avvelenamento delle acque, reato che, secondo il Codice di Procedura Penale, va giudicato in Corte d’Assise. Per decenni la Montedison di Bussi – secondo quanto emerso – stoccava sotto terra i rifiuti tossici con la compiacenza delle Istituzioni, andando ad intaccare anche le falde acquifere e chissà se non sarà necessario attendere un altro decennio per avere giustizia.
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