Udienza dall’esito scontato quella di oggi al tribunale di Pescara in merito all’inchiesta sull’omicidio di Italo Ceci avvenuto nel gennaio del 2012. L’incidente probatorio sulle analisi del Dna effettuate dal maresciallo dei carabinieri del Ris di Roma, Valentino Tullio, non ha affermato la tesi dell’accusa sostenuta dal Pm Silvia Santoro, dando riscontri negativi su tutta la linea per la Procura, in merito al presunto coinvolgimento dei tre indagati: Massimo Ballone, presunto mandante, Michele Rossoni, presunto killer e Mario D’Emidio presunto complice. Gli atti, dunque, tornano al Pm che ora dovrà stabilire se proseguire nell’inchiesta cercando altre strade, oppure, vista la scadenza vicina dei termini previsti, proporre l’archiviazione. Intanto, alla luce di questa svolta favorevole alla difesa, l’avvocato di Massimo Ballone, Carlo Di Mascio, illustra quelli che sono, a suo dire, i punti di contraddizione rispetto alla tesi del mandante, partendo da un retroscena, in quel periodo Ballone era impegnato in un processo particolarmente complicato, nei confronti della famosa banda dei Kalashnikov, specializzata nell’assalto ai portavalori, di cui Ballone era considerato una specie di ispiratore, per cui non aveva alcun interesse ad esporsi in una vicenda cosi grave: “Ceci aveva tanti nemici – aggiunge Di Mascio – e la vendetta basata su dichiarazioni di un collaboratore di giustizia rilasciate sei anni prima, tra l’altro poi deceduto al culmine di una rapina a Francavilla, non può rappresentare da sola la chiave per risolvere questo caso. Il problema é che per ogni fatto di cronaca legata alla criminalità di un certo livello a Pescara, Ballone viene tirato dentro, forse per il suo passato.” Alla luce dell’udienza odierna i legali degli indagati si auspicano chiaramente l’archiviazione, mentre sotto traccia s’insinua l’ipotesi di un tentativo da parte dei reali responsabili d’indirizzare le indagini verso una precisa direzione, vedi bossoli calibro 38 rinvenuti nel sottoscala dell’abitazione di Rossoni.
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