I conti tornano, ma per chiudere definitivamente il cerchio sull’agguato di Via De Gasperi i carabinieri hanno bisogno di chiarire ancora un paio di aspetti ed una volta fatto non é escluso che possano emergere clamorosi sviluppi. Intanto, mentre gli uomini del Comando Provinciale prelevavano, ieri mattina, Vincenzo Gagliardi dal suo posto di lavoro al Centro Meccanografico delle Poste di Pescara, alcuni loro colleghi rinvenivano nella casa del padre un fucile Flobert calibro 9, estremamente compatibile con l’arma che ha sparato a distanza ravvicinata, quella sera del 30 ottobre, alla testa di Carlo Pavone sotto casa sua. E’ questa l’arma del delitto? Per affermarlo con certezza sono necessarie ulteriori analisi dei Ris di Roma, in ogni caso, dagli esami da parte degli esperti informatici sul computer di Vincenzo Gagliardi é emerso che l’uomo, già nell’estate dello scorso anno, cercava informazioni su come acquistare armi dal mercato nero, fatto inusuale visto che il padre, cacciatore, deteneva regolarmente questo fucile. Gagliardi non lo sapeva o voleva solo tener fuori il genitore da questa brutta faccenda? Aspetti questi che potrebbero essere chiariti domani mattina nel corso degli interrogatori di garanzia in carcere a San Donato, da dove, però, il presunto responsabile continua a dichiararsi innocente. Una presunta innocenza alla quale i carabinieri, il Pm Mantini ed il Gip Di Fine cha ha firmato l’ordine di arresto, ovviamente, non credono. Tutti sapevano della relazione extraconiugale tra Gagliardi e la moglie di Pavone, tanto che la sera stessa dell’agguato i carabinieri erano andati a casa sua, non trovando li per li elementi significativi e ricevendo da Gagliardi una sorta di alibi – alle 20 ero già a casa – ha detto ai militari dell’arma, ma da un successivo accertamento attraverso i tabulati telefonici é risultato che Gagliardi é tornato a casa non prima delle 20.30. Un successivo test, utilizzando la stessa vettura del dipendente delle Poste, ha poi dimostrato che per coprire il percorso dalla scena del crimine a casa di Gagliardi a Chieti Scalo sono sufficienti 16 minuti. Tutto torna, dunque, come le tracce di polvere da sparo rinvenute su pantaloni, giubbetto e guanti in lattice rinvenuti all’interno di una busta che Gagliardi teneva sempre nella sua auto e che improvvisamente voleva far sparire. Sua moglie, anche lei a conoscenza della relazione extraconiugale del marito, nutrendo evidentemente qualche sospetto, l’ha invece conservata consegnandola in un secondo momento ai carabinieri. Dalle analisi sul Pc di Gagliardi, poi, ancora conferme: già detto delle stringhe su Google su come comprare armi da fuoco senza licenza, particolarmente significativa, invece, la stringa rinvenuta e databile al 9 settembre, circa due mesi prima dell’agguato, nella quale Gagliardi chiede al noto motore di ricerca a che distanza un colpo di Flobert calibro 9 può essere letale. Sul ruolo, invece, della moglie di Pavone che, i carabinieri lo ribadiscono con forza, non è assolutamente indagata, sono in corso comunque accertamenti anche alla luce di alcune intercettazioni nelle quali la donna, parlando con l’amante, sembra cadere dalle nuvole sull’ipotesi che possa essere stato lui a tentare di uccidere il marito, al cui capezzale la donna, in questi mesi, continua ad andare dividendosi dagli impegni domestici e con i figli e l’assistenza a Pavone in coma neurovegetativo in un centro delle Marche.
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