Processo Grandi Rischi, la difesa tira in ballo Cialente

Processo Commissione-Grandi-RischiGiornata dedicata alle arringhe della difesa, quella odierna, al processo in svolgimento presso la Corte d’Appello dell’Aquila ai componenti della commissione Grandi Rischi. Alla sbarra l’organo scientifico consultivo della presidenza del Consiglio, per il quale il procuratore generale Romolo Como ha già chiesto la conferma della pena a 6 anni di reclusione inflitta in primo grado ai sette esperti che ne facevano parte il 31 marzo 2009. I sette imputati sono stati condannati per omicidio colposo e lesioni colpose con le accuse di aver falsamente rassicurato gli aquilani cinque giorni prima del sisma del 6 aprile 2009, sottovalutando il rischio sismico. Le arringhe degli avvocati difensori potrebbero andare avanti per l’intera giornata. Una nuova udienza è già stata fissata per venerdì prossimo 31 ottobre.
Intanto stamani l’avvocato Roberto Petrelli, legale di fiducia di Franco Barberi, in apertura della quarta udienza ha dichiarato: “I fatti sono stati deformati e inseriti in una forma che non gli apparteneva. Per una teoria della rappresentanza sociale sono stati formulati i capi di imputazione deformando i fatti”. Rimarcando un presunto vuoto del castello accusatorio, Petrelli ha evidenziato come “il pm (Fabio Picuti) non ha chiesto al suo consulente antropologico Antonello Ciccozzi di definire le modalità attraverso le quali per avventura la teoria avrebbe potuto dar conto di determinati meccanismi sociali, ma al contrario nel suo incarico di consulenza ha chiesto se le condotte abbiano potuto produrre gli eventi”.
Parlando della convocazione dei sette membri della Commissione Grandi Rischi, Petrelli ha evidenziato come il numero dei componenti non raggiungeva quello legale previsto. In particolare l’esigenza della convocazione era sorta a seguito della diffusione di un comunicato stampa della Protezione civile regionale dal contenuto imprudentemente rasscicurante. Per Petrelli se la Grandi Rischi fu convocata all’Aquila “per fornire ai cittadini abruzzesi le informazioni sullo sciame sismico, la responsabilità primaria è di chi convocò quella riunione, la Protezione civile”. Secondo il legale di Barberi, “alcun compito di informare la popolazione aquilana gravava sui singoli esperti. La comunicazione incombeva sui partecipanti esterni alla riunione e cioè su quei soggetti che rappresentavano la Protezione civile a livello centrale (professor De Bernardinis, sindaco Cialente, assessore Stati), indicati espressamente nel varbale della seduta come persone presenti per il Dipartimento”.
Secondo il legale gli scienziati convocati fornirono al Dipartimento un’analisi circa l’evoluzione del fenomeno in atto, ma il compito di individuare misure di protezione da calibrare sulla situazione rappresentata, non poteva che spettare all’organo destinatario dell’informazione scientifica o comunque al sindaco, soggetti deputati alla gestione del rischio e dell’emergenza. Petrelli ha ribadito in aula come la Commissione Grandi rischi aveva ed ha un solo obbligo d’informazione, verso il Dipartimento avente contenuto tecnico scientifico. Sempre secondo Petrelli, il professor Barberi a inizio seduta, pose interrogativi agli scienziati sul significato da dare, alla luce delle pregresse esperienze, al fenomeno in corso e durante la discussione, affermò con chiarezza che non era possibile prevedere se avrebbe avuto luogo o meno una forte scossa, che la sequenza sismica non era un precursore di un grande evento e che tuttavia in una zona sismogenetica come quella dell’Aquilano, prima o poi una forte scossa vi sarebbe stata. 

Sulla stessa linea, quella che rimanda al sindaco Cialente e al livello locale della protezione civile la responsabilità della comunicazione, anche l’avvocato Filippo Dinacci, legale di fiducia di Mauro Dolce e Bernardo De Bernardinis, che ha sollevato osservazioni a Cialente prima e alla Stati poi sotto il profilo delle presunte rassicurazioni agli aquilani.”Ammesso e non concesso che qualcuno ci avesse detto cosa avremmo dovuto fare, e’ bene chiarire che il dipartimento della Protezione civile non ha competenze sismologiche. Le eventuali responsabilita’ della Protezione civile sono solo postume ad un evento. Come si puo’ quindi insinuare che dei dipendenti possano orientare le scelte comunicative della Commissione Grandi rischi? Roma non e’ responsabile della comunicazione in loco prima di ogni evento: la Protezione civile sul territorio e’ prima di tutto il sindaco”. Secondo il legale Dolce non avrebbe svolto valutazioni in materia sismologica e formulare previsioni, lo stesso si era limitato ad introdurre le problematiche oggetto di discussione e a riferire dati oggettivi quali l’intensita’ e la durata delle scosse gia’ verificatesi e si era quindi astenuto dal partecipare alla discussione scientifica limitandosi a fornire una valutazione strettamente attinente al proprio ruolo istituzionale di funzionario della Protezione civile e alle proprie competenze di ingegnere strutturista con riferimento alla scossa gia’ prodottasi del 30 marzo 2009, non facendo altro che riprendere le affermazioni precedentemente rese dall’imputato Calvi e trarne le indicazioni da fornire ai tecnici delle amministrazioni locali in ordine ai rilievi dei danni subiti dalle costruzioni a seguito della scossa. Secondo Dinacci, la condotta dell’imputato Dolce oltre a palesarsi quale eziologicamente non connessa all’evento, neppure risultava in se’ connotata dalla violazione delle regole di diligenza, prudenza e perizia di cui alla colpa “normale” valutabile ex ante sulla scorta del parametro dell’agente modello. Passando alla disamina della posizione rivestita dall’imputato De Bernardinis e’ stato sostenuto che nell’ambito della riunione della Cgr lo stesso si era limitato ad aprire i lavori e al termine della discussione a porre la questione ‘sul tipo ed entita’ del danneggiamento che terremoti di questo tipo possono procurare’ all’evidenza riferita al terremoto magnitudo 4 verificatosi il precedente 30 marzo.Quanto all’intervista dell’imputato De Bernardinis in ordine alla “normalita’” del fenomeno sismico in atto nel territorio aquilano ed “allo scarico di energia”, e’ stato in primis stigmatizzato che la sentenza impugnata aveva parcellizzato le risposte ed affermazioni dell’imputato ed analizzato prima il termine “normale” e poi il concetto di “scarico di energia” arrivando a conclusioni erronee. Infatti – sempre secondo la ricostruzione fatta dalla difesa – dalla lettura integrale dell’intervista si evinceva chiaro che l’imputato si era limitato a riportare attendibili informazioni scientifiche disponibili al momento e veicolate al Dipartimento di Protezione civile oltre che attraverso dichiarazioni ed interviste rilasciate da dirigenti e ricercatori dell’Ingv anche attraverso i comunicati ufficiali e che dette informazioni consentivano di ritenere che la sequenza sismica in atto rientrasse nella “normalita’” nel quadro della sismicita’ italiana e in particolare del territorio aquilano. Secondo Dinacci le dichiarazioni rese in sede di intervista contenevano due ordini di concetti: il primo inerente la “normalita’” del fenomeno sismico in atto nel territorio abruzzese nel senso che trattasi di territorio notoriamente soggetto a rischio sismico e pertanto soggetto “normalmente” ad eventi sismici, ed il secondo, al primo correlato, inerente lo stato di attenzione che doveva comunque essere mantenuto dalla cittadinanza stanziata su territori sismici. Non era pertanto dato comprendere come tali dichiarazioni potessero essere state poste alla base dell’affermazione che De Bernardinis fosse venuto meno ai doveri di valutazione del rischio connessi alla sua qualita’ e alla sua funzione volte alla previsione e alla prevenzione e ai doveri di informazione chiara, corretta e completa come ritenuto invece dal primo giudice. Sulla dichiarazione la “situazione e’ favorevole”, sempre secondo il legale, non poteva affatto intendersi come una valutazione personale, ma costituiva una mera presa d’atto della situazione sismica del momento cosi’ come rappresentata da vari studiosi della materia e riportata dalla stampa. Quanto poi al riferimento del ‘bicchiere di vino’ che l’imputato avrebbe invitato a bere, e’ stato rimarcato come questi null’altro avrebbe fatto che rispondere alla battuta dell’intervistatore, il giornalista Gianfranco Colacito che era stato l’unico ad aver rivolto un invito a farsi un bicchiere.

 

 

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