Appuntamento in Corte d’Appello a l’Aquila il prossimo 25 settembre per il secondo grado di giudizio nei confronti di Salvatore Parolisi, l’ex caporalmaggiore dell’esercito condannato dal tribunale di Teramo, lo scorso 26 ottobre, all’ergastolo per l’omicidio di sua moglie Carmela Melania Rea, trovata cadavere nell’aprile del 2011 nel boschetto di Civitella del Tronto. Cresce l’attesa, mentre i legali di Parolisi affilano le armi annunciando richieste ai giudici che potrebbero portare a novità clamorose, tra queste nuove perizie su impronte e tracce di sangue. “Abbiamo chiesto anche che il processo si svolga a porte aperte” dichiarano gli avvocati Biscotti e Nicodemo sempre più convinti dell’innocenza del loro assistito, alla luce tra l’altro delle motivazioni della sentenza rese note dal giudice Marina Tommolini la quale da una parte accoglie le richieste del Pm, ma dall’altra da un’interpretazione sulle ragioni per cui Parolisi avrebbe ucciso sua moglie, in aperta contraddizione con quanto sostenuto dall’accusa. infedele e prevaricatore nel quadro dipinto dai Pm, succube del carattere forte di Melania e frustrato per un rapporto sessuale negato secondo, invece, il giudice teramano. Percorsi opposti che, però, sottolineano i familiari di Melania, portano ad un punto comune, la colpevolezza di Salvatore, sotto inchiesta anche dalla Procura di Napoli per la misteriosa scomparsa di quasi 140 mila euro dal suo conto corrente personale, soldi che sarebbero serviti, in parte, per il sostentamento della piccola Vittoria. Sullo sfondo un inquietante scenario che emerge da un libro scoop destinato a far discutere, scritto a quattro mani dai giornalisti Alessandro De Pascale ed Antonio Parisi dal titolo “Parolisi, sesso droga ed Afghanistan”. L’omicidio di Melania – secondo i due autori del libro – ordinato dalla camorra per ritorsione nei confronti di Parolisi che all’epoca in cui prestava servizio in Afghanistan sarebbe venuto a conoscenza di particolari scottanti su una vicenda legata al traffico internazionale di stupefacenti da Kabul e gestito dai casalesi.
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