Pescara, tra il dire e il fare c’è di mezzo il fiume

Pescara-porto-canaleUna città che prende il nome dal suo fiume può prescindere da esso? Una città che vive non solo sul mare, ma del mare, può fare a meno del suo porto? Una città che è considerata porta sui Balcani può chiuderla ai collegamenti con la dirimpettaia Croazia? Domande retoriche ma non scontate. Di solito si dice “porto sicuro”, lo si considera come un ritorno a casa dopo aver affrontato marosi e tempeste, eppure, a Pescara, non sembra essere così. Sono note a tutti le vicende per il dragaggio infinito del fiume che ha fatto restare in secca (in tutti i sensi), decine di pescherecci ed ha impedito il ripristino del collegamento marittimo con Spalato. Se parte del fiume è stata liberata dai fanghi, non basta: il dragaggio prosegue, ma quando sarà ultimato, si rischia, tra qualche tempo, di tornare punto e a capo con i fondali di nuovo troppo bassi e impraticabili. Il fiume è vivo, d’altronde, e si riprende solo ciò che gli è stato tolto. Così da monte arrivano a valle sabbia e detriti a fare da tappo. Il Comandante della Direzione marittima, Luciano Pozzolano, lancia l’allarme: “Bisogna fare manutenzione ordinaria del porto e del fiume per evitare di nuovo l’insabbiamento”. Insomma lo scalo fluviale e marittimo potrebbe essere a rischio chiusura se la politica non interverrà. Il deputato di Sel, Gianni Melilla, solleva il caso in Parlamento e chiede al Ministro Orlando di convocare gli Enti interessati. Il Pd si scaglia contro Comune e Regione, rei di disinteresse nei confronti della problematica. E’ un tutti contro tutti, ma alle parole dovrebbero seguire i fatti per non impelagarsi nelle sabbie mobili, non del porto, stavolta, ma della burocrazia e delle belle parole. Martedì 6 novembre arriverà in città il Ministro Quagliariello per partecipare all’Expo della sussidiarietà, chissà che non si possa tornare di nuovo ad interessarlo delle vicende del canale cittadino. Il porto di Pescara deve necessariamente tornare a pieno regime, per garantire innanzitutto occupazione a chi vive del porto tra pescatori, operatori e indotto, poi rispettare l’ambiente perché non si arrivi a eventi naturali che, a causa dell’incuria dell’uomo, si trasformano in tragedie. Tra il dire e il fare c’è di mezzo il fiume e il mare. Mai come stavolta.

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