Sta concludendosi l’Anno Dannunziano, sono passati 110 anni dalla prima rappresentazione della dramma La figlia di Jorio e questo libro aggiunge un tassello alla conoscenza della personalità di d’Annunzio e e sopratutto propone una immagine diversa da quella un po’ consunta di eroe della patria e grande amante ed evidenzia il significato universale e più profondo dell’opera teatrale.
Sabato 15 ore 18 alla libreria LIBERNAUTA di Pescara in via Teramo, con Katiuscia Morelli ( psicologa dell’età evolutiva, psicoterapeuta, specializzata in terapia cognitivo-comportamentale) Giusi Di Crescenzo presenterà’ l’ultimo lavoro di Veniero Luigi de Giorgi : “Il fanciullo e la strega” uno sguardo nuovo su d’Annunzio, Michetti e la Figlia di Jorio.
Il libro – presentato lo scorso maggio alla Fiera del libro di Torino – contiene una rilettura del dramma di d’Annunzio e del quadro di Francesco Paolo Michetti da parte della psicanalista junghiana Lella Ravasi Bellocchio, un appunto filologico su Michetti e d’Annunzio di Veniero L. de Giorgi e una presentazione “un po’ femminista” scritta da Giusi Di Crescenzo.
Le annotazioni di Veniero Luigi de Giorgi che aprano questa ristampa de” Il Fanciullo e la Strega” raccontano di una conoscenza approssimativa delle opere di F.P. Michetti intitolate La figlia di Jorio, Raccontano “…retorici luoghi comuni,vecchi equivoci e improprie attribuzioni…” come la frequentazione del Cenacolo da parte di d’Annunzio in epoca troppo anticipata rispetto alla verità e quindi di una inconsistente influenza reciproca nella realizzazione delle rispettive opere che portano lo stesso titolo, come invece la storiografia “ufficiale” fa credere : una questione di date facilmente verificabile.
Raccontano anche come il quadro di Michetti avesse già ispirato a Pompeo Sansoni un dramma lirico dal titolo appunto La figlia di Jorio con musica di Guglielmo Branca prima che d’Annunzio si accingesse a metter mano al proprio dramma.
Un altro esempio di incongruenza è che, anche in pubblicazioni ufficiali, le due opere pittoriche di Michetti – quella oggi conservata a Chieti presso la fondazione Carichieti ed esposta nel 1881 a Milano all’Esposizione nazionale e quella conservata a Pescara nel Palazzo della Provincia, esposto alla Biennale di Venezia nel 1905 – sono confuse l’una con l’altra come nella pubblicazione “Il Vittoriale degli Italiani”.
E’ un invito indiretto al rigore nella ricostruzione della vita culturale regionale che Veniero de Giorgi rivolgeva sempre a chi aveva voglia di conoscere meglio, capire meglio e perciò amare meglio quell’Abruzzo che gli stava tanto a cuore.
Lella Ravasi Bellocchio spiega, a partire dall’analisi dei miti che rintraccia nel dramma di d’Annunzio e dall’osservazione dei quadri di Michetti, lo scacco in cui vivono donne e uomini in questa nostra cultura occidentale. Una cultura in cui il grande rimosso è l’eros e in cui il principio maschile sembrerebbe vincente ma – la radicalizzazione del rapporto uomo-donna rende impossibile esprimersi in libertà. Scrive in apertura della sua introduzione la Ravasi Bellocchio “La figlia di Jorio è uno dei più interessanti ritratti di donna che la creazione artistica ci ha consegnato: il mio interesse come donna prima che come psicanalista, va a questa personificazione inquietante con cui ancora oggi ci confrontiamo.” Mila è la strega, è Lilith, è il femminile istintivo che rimosso – dalla cultura patriarcale – diventa patologia.
Ne nasce il vero dramma :l’impossibilità di donne e uomini di amarsi, di stare nello stesso luogo. Ma questo luogo non può esistere “senza un pensiero della differenza sessuale, senza un discorso in cui il soggetto non sia soltanto l’uomo, un Dio che non sia sempre maschile, un’economia del desiderio in cui ciascuno possa andare verso l’altro e tornare a sè” (dalla prefazione di Giusi Di Crescenzo).
E non possiamo sottolineare la assoluta contemporaneità del tema della violenza nei confronti della donna e dell’anima femminile presente nel dramma la Figlia di Jorio in un momento in cui la vita quotidiana nelle nostre case è ancora così assurdamente connotata dalla violenza degli uomini sulle donne. Scriveva la filosofa femminista francese Luce Irigaray “La differenza sessuale rappresenta uno dei problemi e il problema che la nostra epoca ha da pensare. Ogni epoca – secondo Heidegger – ha una cosa pensare . Una soltanto. La differenza sessuale probabilmente è quella del nostro tempo. La cosa del nostro tempo che, pensata, ci darebbe la salvezza.”
“Il fanciullo e la strega”, a Libernauta nel ricordo di De Giorgi

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