Hanno continuato a sfilare anche oggi in Corte d’Assise a Teramo i testi del processo-bis a carico di Romano Bisceglia (nella foto), accusato del brutale omicidio dell’ex convivente Adele Mazza avvenuto la notte di Pasqua, il 4 aprile del 2010. Questa mattina è stata la volta dei consulenti tecnici, nella fase conclusiva della nuova istruttoria dibattimentale disposta dalla Corte D’Appello dell’Aquila a causa di un vizio di forma. La Corte D’Assise teramana presieduta da Giovanni Spinosa e con un nuova composizione, sta rispettando in modo serrato il calendario processuale, per giungere alla sentenza prima che scadano i termini di custodia cautelare dell’imputato. Il verdetto che verrà emesso nei prossimi giorni dirà se, sanata la forma, reggerà anche la sostanza dell’impianto accusatorio a carico di Bisceglia, condannato all’ergastolo nel primo processo andato a vuoto. I giudici di primo grado nelle motivazioni della sentenza avevano usato parole durissime, descrivendo l’imputato come “una persona di indole malvagia e violenta, che nutriva sentimenti di odio e risentimento per la donna che da un certo lasso di tempo rifiutava di versargli i proventi del meretricio e aveva intenzione di disintossicarsi”. Ad incastrarlo le prove scientifiche raccolte dai Ris, quali le tracce di sangue isolate nel bagno di Bisceglia e appartenenti ad Adele. A queste si sono aggiunte le tracce di sangue rinvenute sul nastro presente su un secchio con dentro i resti di Adele e la compatibilità tra la lama utilizzata per fare a pezzi il cadavere con uno dei coltelli sequestrati a casa di Bisceglia. Quest’ultimo nella dichiarazione spontanea resa in aula in una delle ultime udienze si è difeso affermando di aver visto Adele l’ultima volta soltanto il giorno precedente a quello dell’omicidio.
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