Commissione Grandi Rischi, tutti gli scienziati assolti in appello

Gaucho

Commissione Grandi Rischi

Tutti assolti in appello i componenti della Commissione Grandi Rischi che si riunì a L’Aquila prima del sisma del 9 aprile 2009. La Corte d’Appello dell’Aquila ha assolto dalle accuse di omicidio colposo plurimo e lesioni personali colpose sei dei 7 componenti dell’ ex Commissione Grandi Rischi. Alla lettura della sentenza, parte del pubblico presente in aula ha gridato “vergogna”. In parziale riforma della sentenza di primo grado l’unica condanna a due anni di reclusione e’ stata inflitta a Bernardo De Bernardinis, gia’ vice capo del settore tecnico del dipartimento di Protezione civile. La Corte d’Appello ha assolto De Bernardinis dall’accusa di omicidio colposo con riferimento alla morte di 16 vittime del sisma del 6 aprile, mentre lo ha condannato per altre 29. La Corte ha quindi rideterminato la pena in due anni di reclusione, concedendo al funzionario della Protezione civile il beneficio della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale. La sentenza elimina inoltre le pene accessorie e “condanna De Bernardinis in solido con il responsabile civile-Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, a rifondere alle parti civili le spese di patrocinio”, quantificate complessivamente in oltre 40 mila euro.

REAZIONI

Soddisfazione da parte dei difensori alla lettura della sentenza che ha prosciolto sei imputati su sette e che, come spiega l’avvocato Franco Coppi, “ci gratifica perché sono state accolte le nostre tesi. Ma – aggiunge Coppi – siamo molto dispiaciuti per i familiari delle vittime, e umanamente comprendiamo le loro reazioni”.

“Immaginavo un forte ridimensionamento dei ruoli e delle pene, ma non un’assoluzione così completa, scaricando tutto su De Bernardinis, cioè sulla Protezione Civile”. E’ il commento a caldo del procuratore generale dell’Aquila Romolo Como, che si è detto “alquanto sconcertato”.

“Se fossi stato il padre di una delle vittime avrei fatto la stessa cosa. Una vittima è sempre una vittima. Non ho mai contestato nulla”. Così Bernardo De Bernardinis, unico condannato (2 anni, pena sospesa) tra i 7 esperti, all’uscita dalla Corte d’Appello dopo la sentenza.
Grandi Rischi.

“Questa sentenza ci sorprende, è un terremoto nel terremoto”. Così l’avvocato di parte civile Attilio Cecchini ha commentato la decisione della Corte d’Appello dell’Aquila che ha assolto sei dei sette imputati perché il fatto non sussiste. “La sola condanna di De Bernardinis – ha aggiunto – fa di lui l’unico capro espiatorio. Faremo sicuramente ricorso in Cassazione”.

“Sentenza stravolta sconcertante e contraddittoria anche per la diversificazione della posizione di De Bernardinis”. Lo dice l’ ex presidente della Provincia dell’ Aquila Stefania Pezzopane, senatrice del Pd. “Avevamo accettato la sentenza di primo grado dobbiamo accettare anche questa – aggiunge -. Però per L’Aquila martoriata dal terremoto e dall’Italia resta una ferita indescrivibile. Vanno ringraziate le famiglie delle vittime per il loro comportamento eroico, con la loro azione determinata hanno fatto sì che i comportamenti delle istituzioni siano cambiati radicalmente dopo L’Aquila”.

“La giustizia in questo Paese non esiste, è sotto processo solo chi ha manifestato, mentre chi ha delle responsabilità e ha fatto morire la gente nel letto dopo averla rassicurata viene assolto”. Così Anna Lucia Bonanni, esponente dei comitati cittadini e docente, ha espresso la sua rabbia, subito dopo la lettura della sentenza di secondo grado alla Commissione Grandi Rischi. “Gli attivisti che hanno denunciato, prima e dopo il terremoto, quello che è stato fatto agli aquilani, stanno subendo il processo, mentre chi non ha fatto il suo dovere se ne sta tranquillo”, ha concluso con toni rabbiosi davanti ad una piccola folla tra cui alcuni famigliari delle vittime attoniti per il verdetto di secondo grado.

Grande soddisfazione del presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), Stefano Gresta, per l’assoluzione dei sismologi della Commissione Grandi Rischi da parte della Corte d’Appello dell’Aquila. Una sentenza, rileva Gresta in una nota, con la quale “non solo viene restituita l’indiscussa onorabilità e la dignità a Giulio Selvaggi e a Enzo Boschi, ma viene anche ribadita, qualora ce ne fosse bisogno, la credibilità a tutta la comunità scientifica italiana”. Il presidente dell’Ingv rileva che “è con grande soddisfazione che apprendo la notizia del proscioglimento dei componenti della Commissione Grandi Rischi, tra cui il dirigente di ricerca dell’Ingv, Giulio Selvaggi, già direttore del Centro nazionale terremoti e l’allora Presidente dell’Ingv, Enzo Boschi, dalla Corte di Appello dell’Aquila”. Per Gresta “la pronuncia della Corte dimostra che i due colleghi, presenti alla riunione del 31 marzo 2009, hanno sempre agito con correttezza, nel rispetto dei ruoli e delle proprie competenze, fornendo contributi scientifici e ribadendo, contestualmente, l’alta pericolosità sismica della Regione Abruzzo, coerentemente con i precedenti comunicati trasmessi dall’Ente”. Gresta conferma infine, “anche a nome di tutti i ricercatori dell’Ingv, ancora una volta, la vicinanza ai parenti delle vittime”.

“Immaginavo un forte ridimensionamento dei ruoli e delle pene, ma non un’assoluzione cosi’ completa, scaricando tutto su De Bernardinis, cioe’ sulla Protezione civile”. Lo ha detto il pg, Romolo Como subito dopo la lettura del dispositivo della Corte d’Appello dell’Aquila, definendosi “alquanto sconcertato”.

“Le sentenze nel bene e nel male si debbono purtroppo rispettare, dico purtroppo perché in questo caso se potessi non lo farei”. Così l’avvocato Antonio Valentini, il primo accusatore della Commissione Grandi Rischi in quanto autore dell’esposto che ha innescato l’inchiesta della procura della repubblica, sulla sentenza di secondo grado. “Rimango certo dell’impianto accusatorio nei confronti di questi signori – ha spiegato ancora -, evidentemente la corte no”.

“Sono abituato da sempre a rispettare tutte le sentenze. Comprendo il dolore dei familiari delle vittime e attendo di leggere le motivazioni che hanno portato i giudici a questo pronunciamento”. Lo ha detto il Presidente della Regione Abruzzo Luciano D’Alfonso a proposito della sentenza di Appello per il processo alla Commissione Grandi Rischi in seguito al sisma dell’Aquila. “Per il futuro – ha proseguito D’Alfonso – le istituzioni locali e centrali devono imparare a reagire con velocità e qualità davanti alle catastrofi, producendo informazioni e soprattutto capacità organizzativa crescente”.

Reazioni alla sentenza anche in rete: “Senza parole, a questo punto è ovvio che anche il terremoto non sussiste, i morti non sussistono. Le case distrutte non sussistono. Praticamente la terra non si è neanche mossa. E noi che pensavamo addirittura un 6.3”. Il sarcasmo di Gabriella emerge dai social network, insieme alla rabbia di tanti aquilani. Quando sul web sono state diffuse le prime notizie relative alla sentenza d’Appello della commissione Grandi Rischi, su Facebook e Twitter sono comparse parecchie critiche nei confronti di un dispositivo così diverso rispetto al primo grado. “Spero che qualcuno vi tranquillizzi nel benaugurato caso vi possa succedere qualcosa di brutto”, scrive Alessandro su Facebook. Sulla stessa linea, vari utenti aquilani su Twitter augurano ai protagonisti della vicenda: “Vi auguro di vivere il 6 aprile 2009, alle 3.32. Altro che il fatto non sussiste”. Mentre in tanti scrivono ‘Vergogna’, c’è qualcuno che se la prende contro una “Giustizia pronta a chiudere gli occhi di fronte alla realtà, la giustizia non esiste”.

GLI ILLUSTRI IMPUTATI

Gli imputati dovevano rispondere del reato di omicidio colposo riferito a 29 vittime del sisma, i cui familiari si erano costituiti parti civili, e di lesioni colpose nei confronti di quattro persone rimaste ferite. I nomi: Franco Barberi, all’epoca presidente vicario della Commissione, Enzo Boschi, all’epoca presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Giulio Selvaggi, direttore del Centro Nazionale Terremoti, Gian Michele Calvi, direttore di Eucentre e responsabile del progetto Case, Claudio Eva, ordinario di Fisica all’Università di Genova, e Mauro Dolce, direttore dell’Ufficio rischio sismico di Protezione Civile. Tra gli imputati c’era anche Bernardo De Bernardinis, già vice capo del settore tecnico del dipartimento di Protezione Civile, per il quale la Corte d’Appello ha rideterminato la pena, riducendo la condanna a due anni. All’ex vice di Bertolaso sono state tolte le pene accessorie con pena sospesa e non menzione. Ai sette della Commissione Grandi Rischi, organo consultivo della Presidenza del Consiglio dei ministri, venne attribuita la responsabilità della morte di una trentina delle 309 vittime del sisma che ha sconvolto L’Aquila e il suo circondario. Il Procuratore Generale, Romolo Como, aveva chiesto la conferma dei sei anni perché il comportamento non corretto degli imputati con i messaggi rassicuranti di quella che è stata definita una “operazione mediatica” dall’allora capo dipartimento della Protezione Civile, Guido Bertolaso, indagato in un filone parallelo, ha indotto la popolazione a mutare le abitudini che, in presenza di una forte scossa sismica, erano quelle di uscire di casa. Sulle conseguenze processuali riferite al terremoto che colpì L’Aquila il 6 aprile 2009 rimane ancora in piedi la posizione di Guido Bertolaso, all’epoca capo della Protezione civile nazionale. Per lui l’accusa è di omicidio colposo. L’inchiesta, ribattezzata Grandi Rischi 2, fu avviata dalla polizia giudiziaria dopo la denuncia presentata dall’avvocato aquilano Antonio Valentini (che nel processo appena concluso assiste numerose parti civili). Venne diffusa una telefonata intercettata tra Bertolaso e l’ex assessore alla Protezione civile della Regione Abruzzo, Daniela Stati, uscita dall’inchiesta. A volere la riunione della Commissione Grandi Rischi fu proprio Bertolaso, dopo che il 30 marzo 2009 si era registrato un terremoto di magnitudo 4.1. Dopo due richieste di archiviazione avanzate dalla Procura della Repubblica dell’Aquila e respinte dal giudice delle indagini preliminari, il fascicolo è passato alla Procura Generale e l’indagine è gestita sempre dal pg Romolo Como, che dovrà decidere se scagionarlo o chiedere il rinvio a giudizio. Nella telefonata tra Bertolaso e Stati, il 30 marzo, l’ex numero uno della Protezione civile informava l’assessore che il giorno dopo avrebbe organizzato una riunione della Commissione e la invitava a mettersi d’accordo con il suo vice, Bernardo De Bernardinis. La riunione si era resa necessaria per fare il punto “su questa vicenda dello sciame sismico che continua (era iniziato tra dicembre e gennaio), in modo da zittire subito qualsiasi imbecille, placare illazioni, preoccupazioni ecc”. Bertolaso rimproverava la Stati per un comunicato stampa diffuso dalla Regione che rassicurava gli aquilani spaventati dopo la scossa di magnitudo 4.1 e nel quale, sostanzialmente, si diceva che non erano previste altre scosse di terremoto. Bertolaso andò su tutte le furie: “Non si dicono mai queste cose quando si parla di terremoti, neanche sotto tortura, perché se tra due ore c’è una scossa che cosa dicono i tuoi? Bisogna essere prudentissimi. Faro venire a L’Aquila i massimi esperti di terremoto e loro diranno che è una situazione normale, sono fenomeni che si verificano, meglio che ci siano cento scosse di 4 scala Richter piuttosto che il silenzio perché cento scosse servono a liberare energia e non ci sarà mai la scossa quella che fa male. Hai capito?. Ora parla con De Bernardinis, decidete dove fare questa riunione domani. Poi fatelo sapere che ci sarà questa riunione che non è perché siamo spaventati o preoccupati ma è perché vogliamo tranquillizzare la gente e invece che parlare io e te facciamo parlare i massimi scienziati nel campo della sismologia. Io non vengo – prosegue la conversazione -. Li faccio venire da te a L’Aquila, o da te o in prefettura, decidete voi a me non frega niente, di modo che è piu’ un’operazione mediatica”.

 

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