Era d’ottobre, quando, vicino Tblisi, capitale della Georgia, venne ritrovato il corpo del giornalista abruzzese di Radio Radicale, Antonio Russo. Antonio aveva 40 anni e dall’autopsia è risultata la natura violenta della sua morte, un assassinio particolarmente crudele, probabilmente preceduto da torture. Il giovane cronista era nato a Francavilla dove la madre, la signora Beatrice, scomparsa due anni fa, aveva preteso con dignità e a gran voce, la verità sulla morte di Antonio. A 13 anni di distanza, Gianni Melilla deputato di Sel, ha presentato un’interpellanza al Ministro degli Affari Esteri, la Radicale Emma Bonino, e chiede quali siano le responsabilità accertate dalle indagini sugli autori e sui mandanti dell’omicidio, quali siano le iniziative assunte dalla rappresentanza diplomatica italiana in Russia e dai vari Governi italiani che si sono succeduti, per avere piena collaborazione delle autorità russe nelle indagini effettuate. L’appartamento in cui alloggiava Antonio Russo è stato trovato devastato e sono stati trafugati documenti riguardanti il suo lavoro d’inchiesta, il computer ed il telefono satellitare. “Inoltre, la Polizia russa – scrive Melilla – avrebbe inizialmente tentato di far passare l’omicidio come incidente stradale, poi come una aggressione di balordi a scopo di furto”. Il cronista, free lance, era impegnato su più fronti, in varie corrispondenze dalle zone di guerra dell’Est Europa e dall’Africa. Lo stesso Antonio aveva dichiarato, prima di essere assassinato, di possedere materiale video scottante sulla guerra civile in Cecenia, su armi chimiche contro la stessa popolazione cecena, che sarebbero state utilizzate dai Russi, nella disattenzione dell’Occidente. Cos’è accaduto, davvero, ad Antonio Russo e perché è stato ucciso?

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