L’uso illegale del veleno è una pratica diffusa in tutta Europa che colpisce animali selvatici e domestici. A tutt’oggi rappresenta, oltre che un pericolo per l’uomo e per gli animali d’affezione, la più rilevante minaccia per la sopravvivenza di alcune specie selvatiche di interesse comunitario quali orso bruno, lupo, grifone, gipeto e nibbio reale. In Italia esistono varie criticità che rendono estremamente complessa la problematica ma che si stanno finalmente affrontando grazie al progetto ” Life Antidoto” realizzato nel quinquennio 2009-2013 dal Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga e dalle regioni spagnole dell’ Andalusía e dell’Aragona . I risultati sono stati illustrati nel corso del convegno dal titolo “L’avvelenamento della fauna selvatica in Europa. Impatto sulle specie minacciate e misure di contrasto” svoltosi nella sala conferenze dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, ad Assergi , che ha riunito biologi e naturalisti provenienti da Italia, Spagna, Gran Bretagna, Grecia e Bulgaria che hanno fatto il punto sulle conseguenze che l’uso illegale del veleno determina sui grandi carnivori e sui rapaci necrofagi, in vari contesti europei. Il progetto , che vede il Parco quale capofila ed è stato finanziato al 50% dalla Commissione Europea , ha centrato l’obiettivo di adottare e diffondere misure innovative per la lotta all’uso illegale del veleno, soprattutto attraverso la dotazione di Nuclei Cinofili Antiveleno. Quelli attivi presso il Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga sono gestiti in collaborazione con il Corpo Forestale dello Stato che ha effettuato 131 ispezioni periodiche e 55 ispezioni d’urgenza, ritrovando in 13 interventi bocconi e carcasse avvelenati. Il progetto ha prodotto , inoltre, la “Strategia contro l’uso del veleno in Italia”, un documento presentato nel febbraio scorso al Ministero della Salute e contenente importanti elementi conoscitivi del fenomeno, un protocollo operativo ed una proposta di legge. Significativi i dati relativi alle azioni di disseminazione che hanno visto il coinvolgimento di diverse centinaia tra scuole, aziende zootecniche, tartufai, Prefetture, Corpo Forestale dello Stato, Polizia Provinciale, Ministero della Salute e Ministero dell’Ambiente, 9 Istituti Zooprofilattici Sperimentali, ASL, veterinari, Parchi nazionali e regionali, Comuni e Province. Sono emersi dal convegno i punti di forza e di debolezza della lotta al veleno. I primi sono senz’altro ravvisabili nella dimostrata efficacia dei Nuclei Cinofili per le azioni ispettive e quale deterrente, nell’accresciuta consapevolezza e sensibilizzazione al fenomeno, in special modo a livello locale, e nell’efficacia dell’uso del numero di emergenza 1515 del Corpo Forestale dello Stato della Provincia dell’Aquila. Tra i punti di debolezza permangono l’insufficiente conoscenza della reale portata del fenomeno in Italia, la disomogeneità dei dati disponibili a livello nazionale, la complessità nel raccordo delle azioni fra i vari soggetti coinvolti nella gestione della problematica, l’oggettiva difficoltà nel rinvenimento di carcasse e bocconi avvelenati e quindi nell’individuazione e punizione dei colpevoli. Grande soddisfazione è stata espressa dai vertici dell’Ente che hanno auspicato l’accoglimento di una nuova candidatura da parte dello strumento Life della Commissione Europea, per poter sviluppare ulteriormente obiettivi ed azioni di “Antidoto”.
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