Che un nemico ti bombardi, puoi pure aspettartelo, ma che le bombe ti piovano in testa per mano alleata, è difficile da digerire. Eppure il problema non si pone, perché i morti non hanno bisogno di mandare giù proprio un bel niente. Sotto quegli ordigni ci finirono in tanti – 600? 3000? Chissà – Il fatto è che nessuno se lo aspettava, il fuoco amico. Certo, c’era la guerra, ma la vita continuava: nelle strade, nelle piazze, nei bar. Nessuno pensava che Pescara fosse così importante da meritarsi gli aerei di quel 31 agosto del ’43, né tantomeno il bis del 14 settembre. Non tutti quei morti ebbero un nome, molti non si riuscì neanche ad identificarli. Ma ricordarli sì, si deve, ancora di più oggi, che da quel 14 settembre sono trascorsi settanta anni. Pescara li ha ricordati, con una cerimonia sobria ma intensa, partita dal sacrario del cimitero dei colli e terminata con la deposizione della corona d’alloro lungo il muro di corso Vittorio Emanuele e poi con la Santa Messa.
70 anni fa le bombe

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