Pescara, storie di donne: Grazia la marinara

Rappresentata dall’opera di Vicentino Michetti, Grazia la marinara, storico personaggio di Pescara, amata dai concittadini, “con una muscolatura d’acciaio” e dedita al suo stabilimento balneare e alla pesca.

Uno dei personaggi del dopoguerra più amati dai Pescaresi di ieri come di oggi, Grazia la marinara è quasi una leggenda rappresentante di quel mondo del mare, del fiume e della pesca sui quali si adagia la città adriatica. Personaggio a dir poco singolare, Grazia Masciarelli, detta la Marinara. Solo Michetti, che amava questa città più di qualsiasi altra, poteva intuire come esprimerne al meglio la pescaresità, racchiudendola in una statua bronzea realizzata nel 1958 e che è stata posta nella sala del Consiglio Comunale di Pescara (guarda foto sotto).

Leggiamo dal blog.abruzzolink del racconto che ne fa Tullio Bosco nel suo libro “Accadeva a Pescara”

“La donna aveva un timbro di voce robusto e leggermente rauco, una barba ispida, che doveva radere ogni tre o quattro giorni, ed una muscolatura d’acciaio. Queste caratteristiche prettamente maschili contrastavano in modo singolare col suo abbigliamento femminile, non privo di una certa civetteria; la capigliatura era graziosamente aggiustata e completata da un voluminoso “tuppo”, tenuto in ordine da varie forcine di osso. L’attività di Grazia era naturalmente assorbita nella mattinata dal servizio balneare, lavoro piuttosto complesso, che tuttavia svolgeva da sola, salvo l’aiuto di qualche ragazzo che occasionalmente si presentava da lei per guadagnare qualche soldino. I pomeriggi erano invece solitamente dedicati alla pesca”.

(Sotto lo stabilimento “Grazia”)

“Grazia, -prosegue Bosco – con la sua robusta barca a remi, si allontanava dalla spiaggia di alcune centinaia di metri, gettava la sua rete, e dopo un certo lasso di tempo la ritirava col pescato, che poi nella serata, vendeva davanti al suo esercizio. Ed era uno spettacolo osservarla quando, al ritorno della pesca, portava a riposo la sua barca, facendola risalire sull’arenile su traversine di legno insaponate. Operazione, questa, che, per altri proprietari di barche sulla stessa spiaggia, veniva effettuata con l’impiego di quattro uomini”.

(Sotto, Grazia la Marinara) 

“La sera, – prosegue il racconto di Tullio Bosco – dopo aver venduto il pesce ed aver riposto il residuo in ghiacciaia, dopo aver spazzato il corridoio davanti alle cabine e la terrazza sul mare, e dopo aver accuratamente ispezionato l’interno delle cabine, Grazia si concedeva una mezz’oretta di meritato riposo.
Seduta sulla scaletta d’ingresso allo stabilimento, si fumava in pace il suo irrinunciabile mezzo toscano”.