Terrorismo: 10 arresti in Abruzzo, anche imam del Teramano

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Terrorismo islamico: 10 arresti in una indagine in Abruzzo. Coinvolto anche l’imam di Martinsicuro. Secondo l’accusa finanziavano organizzazioni radicali con i proventi dell’evasione.

L’indagine nasce nel 2015 ed è partita dalla posizione dell’Imam di Martinsicuro che aveva espresso posizioni anti occidentali basate sull’incitamento al terrorismo. Da lì sono cominciate le indagini dei carabinieri, sviluppate a livello nazionale e internazionale che poi hanno portato alla scoperta della rete terroristica sgominata dai carabinieri del Ros e dalla Guardia di finanzia coordinati dalla procura distrettuale antiterrorismo dell’Aquila. Il dato emerge dall’intervento del comandante nazionale dei Ros, Pasquale Angelosanto, nel corso della conferenza stampa tenuta stamani all’Aquila. I fondi neri scoperti ammontano a oltre un milione di euro. L’indagine ha portato al controllo di 55 persone, all’iscrizione al registro degli indagati di 17 e all’arresto di 10.

La complessa e articolata indagine coordinata e diretta dalla Direzione Distrettuale Antimafia ed Antiterrorismo di L’Aquila, ha portato all’esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 10 soggetti (8 di origine tunisina e 2 italiana) indagati per reati tributari e di autoriciclaggio, con finalità di terrorismo.

L’attività d’indagine è stata condotta dai carabinieri del R.O.S. e dai finanzieri del G.I.C.O. di L’Aquila, che nel mese di marzo avevano già dato esecuzione a un decreto di perquisizione nei confronti di oltre 20 obiettivi, dislocati tra l’Abruzzo, il Piemonte, la Lombardia e le Marche. Il successivo esame del materiale acquisito, che ha permesso di rinvenire copiosa documentazione contabile e materiale ideologico riconducibile ad attività connesse con il finanziamento al terrorismo, oltre a corroborare ulteriormente le ipotesi investigative, ha fatto emergere la sussistenza dei presupposti per l’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare disposta dal GIP di L’Aquila Giuseppe Romano Gargarella.

Le ipotesi di reato, per le quali la Direzione Distrettuale aquilana sta indagando, riguardano una serie di illeciti di natura tributaria, posta in essere per raccogliere ingenti disponibilità di denaro, in parte potenzialmente destinate al finanziamento del terrorismo.

In particolare, tramite alcune società operanti nel settore della rifinitura edilizia e nel commercio di tappeti, formalmente intestate a “prestanome” ma di fatto gestite da un unico soggetto, capo indiscusso del gruppo, sarebbero stati creati numerosi artifizi contabili per distrarre ingenti somme di denaro dalle società.

Gli indagati, attraverso comportamenti ripetuti nel tempo, destinavano le illecite disponibilità finanziarie a varie finalità (acquisto immobili in Italia, creazione fondi neri e reinvestimento in attività d’impresa). L’ipotesi del finanziamento al terrorismo è emersa nel momento in cui sono state individuate considerevoli quantità di denaro, frutto di attività di raccolta anche all’interno delle moschee, presumibilmente destinate al finanziamento di attività dell’organizzazione radicale islamica “Al-Nusra”. Il denaro previ passaggi intermedi in Europa (Inghilterra, Germania e Belgio) giungeva successivamente in Turchia e Siria. Inoltre, nel corso di tutta l’attività d’indagine sono stati documentati continui trasferimenti di denaro da parte degli indagati nei confronti di Imam dimoranti in Italia, uno dei quali già condannato in via definitiva per associazione con finalità di terrorismo internazionale.

La realizzazione del sistema fraudolento è stata possibile anche grazie al rilevante contributo di una commercialista torinese che ha, secondo l’accusa “artatamente predisposto la contabilità per “mascherare” gli illeciti tributari, tra i quali l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti (molte delle quali “autoprodotte”) per oltre 2 milioni di euro”.

È in esecuzione anche il provvedimento di sequestro patrimoniale nei confronti degli indagati, per un valore di oltre un milione di euro, tra cui anche due appartamenti situati sulla costa abruzzese, acquistati riciclando il denaro provento dei reati oggetto d’indagine.

Le attività di polizia giudiziaria eseguite oggi sono state svolte con il supporto dei Comandi Provinciali Carabinieri e della Guardia di Finanza di Teramo, Ascoli Piceno, Torino e Lodi e con l’attività di coordinamento assicurata dal Raggruppamento Operativo Speciale Carabinieri e dal Servizio Centrale di Investigazione sulla Criminalità Organizzata della Guardia di Finanza.

Il principale indagato è un tunisino, finito in carcere nell’operazione di stamani, che commerciava in tappeti e ristrutturazioni edili. L’uomo risiedeva a Torino ma aveva la dimora ad Alba Adriatica, come emerso nella conferenza stampa di stamani all’Aquila, ed organizzava il trasferimento di denaro in Siria e Turchia anche per “favorire il passaggio di aspiranti terroristi” in quei paesi.

“Il denaro veniva trasferito con operazioni illegali tra cui fatturazioni false, con trasferimenti con corrieri e anche con il pagamento di somme superiori ai dipendenti che poi portavano indietro la parte eccedente – ha spiegato il comandante regionale abruzzese della Gdf, Gianluigi D’Alfonso“. Già dalle prime indagini è emerso l’ingiustificato flusso di danaro che transitava anche in Germania e Svezia. I movimenti ammontano a oltre un milione di euro.

“Abbiamo ragionevole certezza che il sodalizio colpito dai nostri provvedimenti oggi creava fondi neri che venivano trasferiti in Turchia, luogo dal quale venivano utilizzati per finanziare il trasferimento in Siria dei militanti terroristi”. Lo ha detto in conferenza stampa il procuratore distrettuale antimafia dell’Aquila, Michele Renzo, nel commentare l’operazione della Dda, che ha portato ai dieci arresti nel Teramano. Renzo ha voluto poi fare i complimenti alle forze dell’ordine che hanno effettuato le indagini. “La grande capacità dei carabinieri di controllare il territorio e l’apporto indispensabile della Gdf per le competenze specifiche dimostrano che è indispensabile che le differenti forze di polizia debbano lavorare in maniera complementare per esaltare le loro competenze. Non siamo qui per spargere paura ma per garantire che qualsiasi segnale sarà verificato nell’ambito delle nostre povere capacità”, ha aggiunto il procuratore, il quale ha sottolineato che “questa cellula terroristica è un punto di passaggio e una centrale operativa nello stesso tempo perché la struttura e qualsiasi punto nevralgico sono punti di arrivo e di partenza di focolai di radicalismo”.

IL COMMENTO DEL PRESIDENTE DELLA REGIONE MARCO MARSILIO

“Un sincero ringraziamento alle forze dell’ordine e alla magistratura che hanno sgominato una banda di terroristi radicata nel territorio abruzzese. Una scoperta inquietante che ci ricorda come non si debba mai abbassare la guardia per garantire la sicurezza dello Stato e dei suoi cittadini”.