Processo acquifero Gran Sasso: “Associazioni parte civile”

Al via il processo sulla situazione dell’acquifero del Gran Sasso: Wwf, Legambiente, CAI e Cittadinanzattiva chiedono di essere ammesse come parte civile.

Questa mattina a Pescara i rappresentanti di WWF, Legambiente, Cittadinanzattiva e Club Alpino Italiano, tra i promotori dell’Osservatorio Indipendente sull’Acqua del Gran Sasso, hanno presentato in una conferenza stampa le loro attività in vista dell’avvio del procedimento penale davanti al Tribunale di Teramo a carico dei vertici di Strada dei Parchi SpA, INFN e Ruzzo Reti SpA a seguito dell’incidente dell’8 e 9 maggio 2017 che “dimostrò – dicono le associazioni – per l’ennesima volta, la situazione di pericolo in cui versa l’acquifero del Gran Sasso al cui interno trovano posto le gallerie autostradali dell’A24 e i Laboratori sotterranei dell’INFN”.

Di seguito il comunicato dell’Osservatorio indipendente sull’acqua del Gran Sasso

All’udienza del 13 settembre le quattro associazioni si costituiranno in giudizio, patrocinate dall’Avv. Prof. Domenico Giordano: la costituzione sarebbe già avvenuta se, alla prima udienza del 10 aprile scorso, il Giudice dell’Udienza Preliminare non avesse dichiarato la propria “non competenza” rispetto alle ipotesi contestate agli indagati decidendo per il rinvio alla Procura.

Nel corso della conferenza i rappresentanti delle associazioni hanno ribadito come questo non sarà un “processo alla scienza”, ma un processo per l’accertamento di responsabilità rispetto a situazioni e fatti noti da anni e ben definiti nelle conclusioni della consulenza dei tre esperti incaricati dalla Procura di Teramo durante le indagini. La costituzione di parte civile delle Associazioni rappresenta la prosecuzione della ricerca della verità che da sempre queste perseguono con lo scopo finale di giungere alla messa in sicurezza permanente dell’acquifero e del territorio del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga nato proprio per tutelare il Gran Sasso e il suo ecosistema. Negli anni sono stati numerosi, da parte di queste associazioni, gli atti di denuncia agli organi competenti e di sollecitazione dell’opinione pubblica affinché si superasse la situazione di rischio determinata dalla permeabilità delle due infrastrutture rispetto alla falda acquifera.

“Ci si augura – ha dichiarato l’Avv. Giordano – che il Tribunale di Teramo vorrà ammettere la costituzione delle associazioni ambientaliste e dei consumatori, permettendo in tal modo ai cittadini di partecipare al processo. Troppe volte nel nostro Paese il bene pubblico alla salute è stato posposto ad altri interessi; così ad esempio è accaduto per l’ILVA di Taranto o per il Petrolchimico di Porto Marghera. Per quanto riguarda l’Abruzzo bisognerà riflettere sul delicato equilibrio fra tutela della salute pubblica e determinate infrastrutture come i Laboratori dell’INFN e le gallerie autostradali”.

Le associazioni hanno anche evidenziato come, a distanza di mesi, non sia stato ancora nominato il commissario straordinario per la messa in sicurezza dell’acquifero del Gran Sasso. Secondo quanto previsto dalla legge di conversione del Decreto-legge n. 32/2019, cosiddetto Sbloccacantieri, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e sentito il Presidente della Regione Abruzzo, avrebbe dovuto nominare il Commissario entro il 3 luglio scorso. È noto che solo a inizio agosto è stato individuato il soggetto da nominare, ma ad oggi non risulta che il procedimento di nomina sia stato effettivamente concluso. Nel frattempo c’è stata la crisi di governo e l’arrivo del Conte bis.

L’Osservatorio Indipendente sull’Acqua del Gran Sasso, promosso dalle Associazioni WWF, Legambiente, Mountain Wilderness, ARCI, ProNatura, Cittadinanzattiva, Guardie Ambientali d’Italia – GADIT, FIAB, CAI e Italia Nostra, pur non essendo pregiudizialmente contrario, ha più volte ribadito puntuali critiche all’emendamento governativo che ha introdotto la nomina di questo nuovo Commissario:

  • mancanza di garanzie su una reale partecipazione dei cittadini e delle associazioni ai processi decisionali;
  • fondi insufficienti (120 milioni di euro in tre anni) rispetto alle richieste contenute nella delibera della Giunta regionale n. 33/2019 “Gestione del rischio nel sistema idrico del Gran Sasso” (172 milioni di euro);
  • nessuna chiarezza circa gli interventi da fare;
  • nessun impegno concreto sull’allontanamento delle sostanze pericolose stoccate all’interno dei Laboratori dell’INFN;
  • introduzione di deroghe alle norme poste a tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini.

Una volta però che è stata scelta la strada del commissariamento non si capisce il perché di questi ritardi: i mesi passano e la situazione dell’acquifero che rifornisce 700.000 abruzzesi continua a non essere affrontata.

Il servizio del Tg8