No Triv: sì al dialogo, ma per ora no all’incontro al Ministero

Sì al dialogo, a patto che non si svolga dopo decisioni già assunte, come i permessi per la ricerca di idrocarburi appena accordati dal Governo. Le associazioni No Triv spiegano perché diserteranno l’incontro al Ministero dell’Ambiente.

Prosegue la polemica sui tre permessi di ricerca di idrocarburi nel Mar Ionio concessi dal Ministero dello Sviluppo Economico di Luigi Di Maio alla società americana Global MED. Come annunciato ieri, nel servizio di Rete8, dal costituzionalista Enzo Di Salvatore, cofondatore del Movimento No Triv, l’autorizzazione data ha spinto le associazioni a declinare, per il momento, l’invito del Governo a discutere di queste tematiche. Segue il testo della lettera inviata al Ministro Costa:

“Egregio Ministro Sergio Costa,

abbiamo molto apprezzato il Suo invito per discutere della questione delle “trivelle” in Italia e, nonostante i pochi giorni a disposizione, eravamo pronti al confronto su problemi che seguiamo ogni giorno da diversi anni, molti dei quali derivanti da scelte dei ministri che l’hanno preceduta e dalla struttura tecnica ministeriale. Per la prima volta un ministro voleva sentire direttamente un gruppo di organizzazioni e comitati del territorio che seguono la vicenda e di questo ne diamo atto.
Vogliamo anche ricordare che lanciammo un appello 6 mesi or sono, al momento della redazione dell’accordo di Governo, per inserire punti più dettagliati per rispondere alle richieste che sono arrivate in questi anni da cittadini, enti locali, regioni e da quei milioni di elettori che si recarono alle urne per il referendum sulle trivelle in mare.
Purtroppo pochi giorni dopo la convocazione è arrivata la notizia, tramite la pubblicazione sul BUIG del MISE, dei tre permessi di ricerca accordati nel mar Jonio con l’utilizzo dell’airgun, della trasformazione di un permesso di ricerca in concessione di coltivazione nell’area di Ravenna (Bagnacavallo) e della proroga di un altro titolo. Negli ultimi due casi è stata accordata anche la possibilità di perforare nuovi pozzi. Ricordiamo che nello stesso numero del BUIG è decaduto, dopo la rinuncia dell’ENI, il titolo “Carisio” nel novarese dove vi è stata una lunga lotta da parte di un comitato locale.
Una volta di dominio pubblico la notizia, oggettivamente assai rilevante per il dibattito, dei tre permessi di ricerca in mare, ci ha stupito che lo stesso Governo che ha schierato i propri partiti in favore dello svolgimento di un referendum sul tema, abbia oggi concesso questi titoli. E’ seguita, peraltro, una ridda di dichiarazioni, alcune delle quali, a nostro avviso, anche improvvide e ingenerose rispetto all’impegno degli attivisti, in considerazione dell’ufficialità e della concretezza delle decisioni governative. Ci sono stati inoltre annunci di provvedimenti volti a fermare altre istanze.
Ovviamente a noi interessa principalmente l’unico fatto per ora certo, sicuramente molto grave: il rilascio dei titoli. Allo stesso tempo, però, tutto il contesto in cui ciò sta avvenendo non fa che peggiorare il “clima” di confusione attorno alla discussione su temi anche tecnicamente complessi.
Vogliamo quindi dare la nostra solidarietà agli attivisti pugliesi, calabresi, emiliani e lucani che da anni si battono contro queste istanze. Il dialogo deve e può avvenire, per entrambe le parti, senza prese di posizioni o decisioni ormai già assunte che possono svuotare o esacerbare il confronto e renderlo meno efficace tenendo ben presente che il problema è molto vasto a scala nazionale in termini di titoli minerari da esaminare, progetti da verificare e attività da controllare.
Per questo le associazioni scriventi hanno concordato di non partecipare, per ora, a questo confronto anche per dare la possibilità di una verifica preliminare anche con il MISE e con le relative strutture tecniche dei due ministeri, su una serie di questioni non secondarie. Un chiarimento – come quello, ad esempio, sulle revisioni delle VIA già rilasciate (si vedano i commi 6 e 7 dell’Art.28 del T.U.A.), sull’ineluttabilità, a nostro avviso infondata, della conclusione di alcuni procedimenti e anche sui provvedimenti annunciati in queste ore (diniego di istanze; emendamento nel DL semplificazioni) – che sgombrerebbe intanto il campo da equivoci che non aiuterebbero un confronto in questo momento.
Approfittiamo, in attesa di un possibile dialogo su punti già più dettagliati, di segnalarLe alcuni dei molteplici temi su cui probabilmente si potrà stabilire anche a breve una discussione per la risoluzione di alcune problematiche.

Aspetti legislativi

– reintroduzione del Piano delle Aree con moratoria del rilascio di nuovi titoli;
– introduzione di un divieto sull’uso dell’air-gun per prospezioni e ricerche petrolifere, anche in considerazione del fatto che i tempi per la fuori-uscita dalle fossili imposti dai cambiamenti climatici sono del tutto incompatibili con lo sviluppo di progetti che devono ancora partire dalla fase di esplorazione;

– eliminazione delle proroghe “automatiche”, rilasciate spesso ad anni dalla scadenza;
– revisione di alcune norme sulla V.I.A.

Aspetti tecnici

– revisione delle V.I.A. già rilasciate sulla base delle nuove informazioni scientifiche disponibili e degli impatti non valutati (come, a mero titolo di esempio, la diffusione del disturbo acustico e l’impatto sul plancton dell’air-gun oppure le emissioni clima-alteranti dai pozzi), come obbligatoriamente previsto dall’Art.28 commi 6 e 7 del T.U.A. nonché degli obblighi di notifica transfrontaliera in moltissimi casi ignorato dalle strutture ministeriali;
– risoluzione delle problematiche relative alla surrettizia modalità di superamento del vincolo legislativo dei 750 kmq per i permessi di ricerca, che invece vengono rilasciati con un vero e proprio escamotage “a gruppi contigui” superando così il limite (due dei permessi rilasciati pochi giorni fa sono continui e assommano a poco meno di 1500 kmq);
– questione della V.A.S., mai affrontata dal MISE nonostante variazioni delle aree aperte alla ricerca e alla coltivazione di idrocarburi – di fatto una pianificazione parziale – e il rilascio di titoli che interagendo con la pianificazione vigente determinano veri e propri effetti di piano di fatto che la giurisprudenza della Corte di Giustizia da anni ritiene obbligatoriamente assoggettabili alla direttiva 42/2001/CE;
– rotazione dei dirigenti che si occupano dei progetti petroliferi nei due ministeri, anche secondo quanto previsto dai piani anti-corruzione;
– forme di partecipazione e trasparenza nei lavori della Commissione V.I.A.;
– intervento del Ministero dell’Ambiente con i poteri sostitutivi rispetto alle regioni inadempienti da 12 anni per la perimetrazione e l’adozione delle misure di tutela delle Aree di salvaguardia delle acque potabili (Art.94 del T.U.A.).
Precisiamo che sono solo alcune delle proposte che in questi anni abbiamo avanzato anche in sedi istituzionali e di dibattito pubblico e siamo pronti a scendere nei dettagli, anche su aspetti attinenti a questioni che riguardano anche il Governo e il Parlamento più in generale (si vedano ad esempio, gli altri punti contenuti nel cd “Pacchetto Volontà” già divulgato dal Coordinamento nazionale No Triv, a partire dal ripristino dell’intesa “forte” tra Stato e Regioni).
Tante sono, infatti, le questioni aperte che certamente vorremmo, dopo questa fase di chiarimento, discutere con Lei, magari anche per prendere atto che nel frattempo alcune di esse sono state risolte concretamente e positivamente.

Cordiali saluti,
Coordinamento nazionale No Triv, Ambiente e Salute nel Piceno, Stazione Ornitologica Abruzzese onlus, Trivelle Zero Molise,Trivelle Zero Marche,
Mediterraneo No Triv,Coordinamento No Triv Taranto, Italia Nostra Salerno
Nuovo Senso Civico Onlus, Rete Autonoma Sibaritide e Pollino per l’Autotutela”.

Sull’argomento, tornato di grande attualità dopo l’ok alle nuove prospezioni, è intervenuto anche il WWF Italia che chiede una moratoria immediata e interventi normativi utili ad aprire la strada ad una effettiva decarbonizzazione del Paese. Per la presidente Donatella Bianchi è paradossale che, mentre si profonde tanto impegno per difendere il mare dalla plastica, non si riesce ad annullare il pericolo rappresentato dalle trivellazioni.

“Certe decisioni – si legge nella nota del WWF – sono un pugno nello stomaco per i 13 milioni di cittadini che si sono chiaramente espressi in occasione dell’ultimo referendum sulle perforazioni petrolifere.
Volere è potere, mai come nel caso delle concessioni petrolifere la politica deve dimostrare coerenza con gli impegni assunti in campagna elettorale e considerare la questione nel suo complesso a cominciare dalla riforma del quadro normativo. Precedenti, anche recenti, come lo stop nel 2016 del progetto Ombrina Mare di fronte alla Costa Teatina in Abruzzo, dimostrano che quando c’è la volontà politica si può fare molto e che si può intervenire anche sul singolo caso.
Se il governo vuole davvero perseguire la via dell’uscita dai combustibili fossili indicata nel proprio programma e richiesta dall’Accordo di Parigi sul clima, deve disinnescare l’articolo 38 del cosiddetto decreto Sblocca Italia, che ha facilitato gli iter autorizzativi per le trivellazioni di idrocarburi a mare.
Il WWF chiede che il governo adotti subito un provvedimento di moratoria generalizzato come quello assunto sin da 2016 dal governo francese e tuttora vigente e intervenga con una modifica urgente di carattere normativo: una modifica coerente con una strategia di decarbonizzazione che preveda anche un piano di progressive dismissioni delle piattaforme già autorizzate e di stop a quelle nuove. Senza un piano delle aree inoltre, previsto nel 2014 poi cancellato alla fine del 2015, ci troveremo sempre a discutere di singole concessioni senza affrontare il problema sul piano strategico.
Per non parlare del 48% di impianti offshore entro le 12 miglia dalla costa, oggi fascia off limits per le nuove trivellazioni: si tratta di strutture semplicemente insostenibili che non dovrebbero neppure esistere. Senza mai dimenticare che sono ben 44 su 94 gli impianti offshore (piattaforme o teste di pozzo) autorizzati prima del 1986 e quindi mai sottoposti alla Valutazione di Impatto Ambientale (entrata in vigore proprio quell’anno). Bisogna infine – ricorda il WWF – lavorare per introdurre il divieto di utilizzo per le ricerche in mare di una pratica pericolosa come l’air gun”.