L’Aquila, IX Martiri. Angelini (Anpi): “Discorso di Biondi ambiguo e revisionista”

martiri aquilani

Il discorso pronunciato dal sindaco Pierluigi Biondi alla caserma Pasquali il giorno della commemorazione dei Nove Martiri aquilani, il 23 settembre, provoca la reazione dell’Associazione nazionali dei partigiani. Un discorso ambiguo e revisionista secondo l’Anpi dell’Aquila.

“Il loro sacrificio – aveva detto il sindaco Biondi davanti agli studenti dell’Aquila, in riferimento ai 9 giovani martiri uccisi da un plotone nazifascista 76 annni fa -li ha resi indimenticabili con la loro spinta ribellistica e la loro radicale scelta di vita. Spesso – ha aggiunto il sindaco – la contrapposizione ideologica fa del passato un terreno di scontro, invece che un luogo di condivisione . E così usa le vittime di ogni genere come rivendicazioni di parte. Ma – secondo Biondi – la storia non può essere un’arma da usare contro qualcuno”. Parole incondivisibili per il presidente Provinciale dell’Anpi Fulvio Angelini.

LA LETTERA COMPLETA DELL’ANPI L’AQUILA:

I Nove Martiri, simbolo di una storia comune, simbolo dell’Aquila democratica e antifascista:

Intervenendo finalmente ad una cerimonia fondativa della storia democratica dell’Aquila e del Paese, lunedì il Sindaco ha rivolto un saluto agli studenti sul luogo dove furono trucidati i Nove Martiri. Le parole che ha scelto per stimolare giustamente le riflessioni degli alunni presenti hanno però, a mio modesto avviso, un limite di fondo: appaiono senza anima, sono neutre, sembrano asettiche, e finiscono per essere non pienamente rispettose verso il sacrificio di quei nostri giovani eroi. I Nove Martiri aquilani non “trovarono la morte” per caso: furono fucilati dai nazi-fascisti solo perché volevano un Paese libero dalla folle schiavitù hitleriana.

L’appello sacrosanto – e che condivido – a costruire il futuro sulla memoria condivisa della nostra storia, dunque, non può fondarsi sulla neutralità, l’equidistanza, l’ipocrisia. Proprio per evitare strumentalizzazioni, è bene dire che vittime e carnefici non possono essere equiparati. Non si possono mettere sullo stesso piano i ragazzi che morirono per liberare il paese con gli occupanti nazisti e i fascisti loro complici. Ai giovani non si può offrire una visione opaca, ambigua, vaga o ipocrita della storia, non si può raccontare che era indifferente stare da una parte o dall’altra. Ai giovani– proprio perché se ne facciano una propria corretta idea – bisogna offrire le ragioni vere e limpide di quella che è stata la posta in gioco in quel terribile tornante storico di 76 anni fa. E quando nel ’43 fu chiaro che la posta in gioco erano la pace, la liberazione dall’occupazione nazista, la conquista di una patria libera, giusta e democratica, tutti coloro che ebbero il coraggio di schierarsi, di combattere, di rischiare e perdere la vita, loro ebbero ragione. A loro dobbiamo la nostra vita libera di oggi e a loro deve andare il nostro riconoscimento perenne. La memoria condivisa – un valore su cui l’Italia è ancora indietro – non è certo revisionismo e confusione di ruoli. Al contrario essa può nascere solo conoscendo i valori e i comportamenti di chi agì da una parte e dall’altra.

Troviamo un esempio di memoria condivisa in una nazione come la Germania che – facendo i conti con la propria storia e riconoscendo i crimini del nazismo – ha maturato una cultura istituzionale, politica e civile seriamente antinazista, simboleggiata a Berlino dal Memoriale della Shoah.
Come ci ricorda la Fondazione Konrad Adenauer “…la cultura della memoria tedesca acquisisce un carattere esemplare per l’Europa. Essa è un sapere collettivo condiviso sul passato su cui un gruppo fonda la consapevolezza dell’unità e della peculiarità, offre il patrimonio comune nella cui cura si consolida l’immagine di se stessa. Essa è storia nella memoria del presente (A. Assmann). Per questo l’archivio collettivo del sapere del XX° secolo comprende la memoria della guerra mondiale e dell’Olocausto, la storia delle dittature tedesche ed europee. Ciò che viene mandato a memoria non sono soltanto i crimini commessi dai tedeschi, ma anche i momenti di gioia, come ad esempio la riunificazione del Paese…”.

Conoscere e rispettare la storia, senza confondere le carte: questo è il lievito per non ripetere gli errori tragici del passato e costruire un futuro migliore. “Pacificare il paese nel rispetto delle idee e delle culture altre” come giustamente chiede il Sindaco, è il grande risultato della vittoria dell’antifascismo, del patriottismo della Resistenza e della democrazia conquistata col sangue della lotta di Liberazione e delle forze alleate. E come tale deve essere un patrimonio di tutti.
Questo deve essere ancora e sempre ricordato e insegnato ai giovani di oggi e di domani: affinché siano pronti a scegliere da che parte stare se dovessero riaffacciarsi pericoli di odio e intolleranza, di razzismo e violenza, di guerra e oppressione.

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