L’Aquila, no ai sexy shop nei centri storici di città e frazioni

Una delibera di Giunta comunale permetterà di aprire attività commerciali nei bassi dei centri storici dell’Aquila e delle sue frazioni. In base a una legge nazionale, no ai sexy shop nel cuore dei centri abitati.

Attività commerciali in quelli che un tempo erano bassi, pagliai, ruderi e stalle delle frazioni dell’Aquila. A consentirlo è una delibera di Giunta comunale messa a punto dalla passata amministrazione, approvata dalla Giunta attuale e ora in attesa di arrivare in Consiglio comunale, che permette il cambio di destinazione d’uso per alcuni edifici dei centri storici delle frazioni.

L’obiettivo è far tornare la vita nei piccoli centri destinati altrimenti a essere ricchi di edifici ricostruiti, ma vuoti. Sì ad attività artigianali o vendita al dettaglio di prodotti tipici; no all’apertura, per esempio, di attività commerciali all’ingrosso o di sexy shop nei centri storici, come prevede in tutt’Italia una indicazione ministeriale. Anche se – è da ricordare – già dopo il terremoto, nel 2014, un distributore automatico spuntò nel centro storico terremotato di una delle frazioni più popolose della città, Paganica, all’epoca del tutto disabitato.

Ma la vera questione, a ben guardare, è un’altra: con questa delibera si alza la soglia delle demolizioni nelle frazioni. Quella appena approvata è la parte finale della delibera dell’amministrazione Cialente, “variante al piano regolatore che introduce nella disciplina edilizia attuativa per gli interventi nei centri storici del capoluogo e delle frazioni alcune misure di flessibilità nel riutilizzo degli edifici, al fine di rivitalizzare la funzione propria di tali aree di primario centro”.

Variante che all’epoca (2016) aveva l’intenzione di limitare gli abbattimenti selvaggi nel cuore delle frazioni più piccole e dall’assetto urbanistico particolare, come Monticchio, Arischia, Santa Rufina di Roio, andando a proteggere dalle demolizioni gli edifici costruiti fino al 1930. L’attuale amministrazione ha abbassato l’età di questi edifici limitandoli a quelli realizzati entro il 1860: dunque pochissimi. Una modifica che, di fatto, apre la strada alle demolizioni eccessive nelle frazioni più antiche e particolari da un punto di vista storico e urbanistico.

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