Di Lello al Premio Borsellino: “lo Stato in forte ritardo”

Di Lello al Premio Borsellino: “lo Stato in forte ritardo ed in qualche modo complice delle tante troppe verità non dette sulle stragi della mafia”.

Giuseppe Di Lello, giudice istruttore del Pool di Giovanni Falcone, abruzzese, memoria storica non solo delle stragi del 92, ma anche delle grandi e scottanti inchieste di lotta alla mafia. Nel ’93 lasciò la magistratura per intraprendere la carriera politica prima con il Pds e poi con Rifondazione Comunista. A lui il 22esimo Premio Borsellino a conclusione di una mattinata, nella Sala Consiliare del Comune di Pescara, ricca di emozioni per la presenza di tanti testimoni della costante e quotidiana promozione della legalità: da Stefania Grasso, figlia di Libero Grasso, a Viviana Matrangola, figlia di Renata Fonte, amministratrice pubblica di Nardò uccida dalla ‘Ndrangheta nel 1984 a Franco La Torre, figlio di Pio La Torre il padre della legge antimafia in Italia; e poi i magistrati come Barnardo Petralia, già procuratore aggiunto a Palermo, oggi Procuratore Generale della Corte d’Appello di Reggio Calabria; di Antonio Maruccia, oggi Procuratore Capo di Lecce, estensore della relazione parlamentare sull’omicidio di Peppino Impastato e sui beni confiscati alle mafie. Tra i magistrati premiati anche Catello Maresca, della Distrettuale Antimafia di Napoli, da dieci anni in prima linea nella battaglia contro la Camorra, a lui si devono gli arresti eccellenti di alcuni tra i più pericolosi latitanti come Michele Zagarìa e Antonio Iovine:

“Abbiamo un forte bisogno del sostegno della società civile – dice Maresca – perché il nostro lavoro non venga vanificato dalla cultura della menzogna e dell’inganno di chi ha tutto l’interesse di fuorviare le coscienze soprattutto dei più giovani. Per questo va un plauso a questo Premio e ai suoi organizzatori per l’impegno che esprimono nel formare i ragazzi ad una cultura della legalità”.

IMG_4628 (Nella foto da sinistra i magistrati Antonio Maruccia e Catello Maresca, al loro fianco il vice capo della Polizia Luigi Savina)

Altro schieramento nella guerra a tutte le mafie quello del giornalismo ed oggi di giornalisti premiati ce ne sono stati tanti: da Stefano Corradino a Giuseppe Baldessarro, ad Attilio Bolzoni fino a Federica Angeli, la giovane giornalista di Repubblica, costretta a vivere sotto scorta per le sue inchieste sulla malavita del litorale romano:

“Da qualche giorno mi sento più serena – dice la Angeli – dopo la condanna dei massimi esponenti del Clan Spada, gli stessi che hanno minacciato di morte me e i miei figli, ma non bisogna mai abbassare la guardia e bisogna insegnarlo soprattutto alle giovani generazioni.”