Collelongo, terremoto. Il geofisico: “Sorgente sismica più profonda. Ora puntare sulla prevenzione”

La scossa di ieri con epicentro a Collelongo ha avuto una sorgente sismica più profonda rispetto alla fascia identificata dalla storia degli eventi sismici passati a 13 km di profondità. Un dato che costituisce una novità in una zona nota dal punto di vista sismogenetico. La parola al geofisico sismologo Del Pinto, che ricorda l’importanza della prevenzione.

Una zona dal punto di vista sismogenetico abbastanza nota quella in cui si è verificata ieri la scossa di magnitudo 4.1, con epicentro a Collelongo, al confine tra due strutture molto importanti dell’Appennino centrale: quella del Fucino che nel 1915 rilasciò una scossa di 7.0 e quella della Val di Comino, che nell’84 tremò con una scossa di magnitudo 5.9, con una replica di 5.5. Sono diverse le sorgenti sismiche che insistono nella zona, ma la fascia di sismicità basata sugli eventi sismici del passato, era stata identificata dagli esperti intorno a una profondità di 13 km (quella del terremoto della Val Comino).

La scossa di ieri ha avuto, invece, una sorgente ancor più profonda, 17 km, una novità per gli esperti. A parlarne è il geofisico sismologo aquilano Christian Del Pinto, che pone l’accento sull’importanza della prevenzione.

L’attribuzione della sorgente precisa del singolo evento è un problema serio e reale – spiega Del Pinto – perché modellando delle sorgenti sismiche non abbiamo la certezza che un terremoto possa essere attribuito a una faglia o a un’altra, anche perché le faglie sono modelli matematici e geometrici (sarebbe preferibile parlare di “aree sismogenetiche”, ndr), desunte dall’analisi dei dati, ragione per la quale è importante ottenere più dati possibili per avere a disposizione strutture da modellare in modo più preciso e puntuale.

Il sisma di Collelongo è stato localizzato dall’Ingv a 17 km di profondità:

Un dato che va oltre la fascia di 13 km che era stata definita per quella zona – spiega Del Pinto – quindi non si può escludere che sia attribuibile alle strutture sismo-genetiche del Fucino e non a quelle della Val Comino, che la letteratura desunta dall’analisi dei dati afferma che siano strutture più superficiali”.

Cosa aspettarsi? Probabilmente scosse di repliche o di assestamento.

Del Pinto precisa:

Spesso i sismologi vengono criticati perché le interviste che si fanno sempre dopo una scossa e non prima.  Ribadisco che il terremoto non è prevedibile. Non abbiamo gli strumenti scientifici e tecnici per anticipare una scossa di terremoto (non abbiamo i mezzi tecnologici per scendere alla sorgente, 17 km sotto terra in questo caso, per fare una misura reale sui bordi della sorgente sismica); per questo motivo non si può parlare di terremoto prima che avvenga, se non facendo prevenzione e adottando politiche di prevenzione serie che poi devono essere realizzate concretamente. Per quanto riguarda ciò che dobbiamo aspettarci, è ovvio che un terremoto 4.1 nell’Appennino centrale come quello di Collelongo, potrebbe generare sia una replica di magnitudo simile, sia una sciame sismico cosiddetto di assestamento.

Il punto è anche un altro: mettere a sistema i dati scientifici che emergono dal monitoraggio, perché sinora le reti di monitoraggio dialogano solo con se stesse.

Dobbiamo operare tutti in sinergia, creare delle strategie insieme alla politica, agli amministratori, soprattutto avendo come faro la prevenzione, perché una scossa di 4.1 o di 4.2 non può spaventarci – aggiunge Del Pinto – . Dovremmo avere la certezza di abitare in un territorio sismico ed essere sicuri che in caso di evento anche più serio siamo in grado di uscire dalle nostre case e questo si può fare soltanto attuando politiche di prevenzione. Occorre un dialogo con gli esperti veri

Molto importante anche il ruolo dell’informazione:

Le persone attingono le loro informazioni sugli organi di stampa. Anche nel caso del sisma di Collelongo alcune testate online hanno cavalcato il sensazionalismo, parlando di “scossa fortissima”. Ma una scossa di 4.1 non è fortissima. Non si tratta di ridimensionare la situazione, bensì di far veicolare le informazioni a chi è in grado di farlo scientificamente.

Il servizio del Tg8