Scioperano i 70 dipendenti “Ball” contro procedura mobilità

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Ha fatto registrare un’adesione al cento per cento su tre turni lo sciopero dei 70 lavoratori della “Ball” di San Martino sulla Marrucina contro la decisione dell’azienda che produce lattine e ha avviato la procedura di mobilità collettiva nei giorni scorsi.

“Noi abbiamo chiesto all’azienda di rivedere in modo responsabile questa scelta scellerata – dice Donato Di Camillo operatore della Fim-Cisl Chieti Pescara – Una soluzione che possa prevedere la presenza di questo sito industriale in questo territorio per la salvaguardia dei 70 lavoratori e delle loro famiglie. Questa azienda ha attivato tre linee produttive in Serbia e due in Spagna, noi pensiamo – ha aggiunto Di Camillo – che vogliano spostare questa produzione in Serbia. Abbiamo chiesto un incontro all’azienda e siamo in attesa di avere risposte”.

Ulteriori iniziative di sciopero sono previste in settimana nell’ambito dello stato di agitazione, proclamato dalle organizzazioni sindacali Fiom-Cgil e Fim-Cisl.

“L’azienda non si chiude, ritiri i licenziamenti! L’assemblea ha deciso lo stato di agitazione permanente, ogni momento sarà utile per manifestare il nostro sdegno e la nostra delusione nei confronti della Ball Beverage Packaging Italia Srl”: è quanto scrive, in una nota, Andrea De Lutis della Fiom Cgil di Chieti. “Inoltre si è deciso di mantenere un profilo di massima serietà, come quello che ha sempre contraddistinto le Lavoratrici e i Lavoratori passati in questo stabilimento dal 1981. Non mancheranno comunque, momenti di rivendicazione nei prossimi giorni, man mano saranno comunicati dalle Rsu”. Per il sindacalista “questa vicenda nei fatti fa sentire i lavoratori della Ball come persone che hanno subito una violenza, perché la violenza non è solo quella fisica. Tanti lavoratori che hanno dato tutto il possibile anche attraverso le flessibilità contrattate in cambio di un reddito, di una sicurezza per le famiglie”. “Le aziende – scrive il sindacalista – anche se non italiane dovrebbero sapere che hanno un minimo di responsabilità sociale”.