L’Aquila, Bertolaso: “Dal sisma abbiamo imparato solo a gettare fango sulle persone”

A quasi dieci anni dal terremoto l’ex capo della Protezione civile Guido Bertolaso torna all’Aquila e si racconta. Le scelte nelle ore dell’emergenza, la ricostruzione, i processi giudiziari, il ricordo di Zamberletti e Boschi.

L’obiettivo primario, compreso sin da subito, a poche ora dalla scossa che il 6 aprile 2009 distrusse la città portando via 309 persone, era “evitare che la città si spopolasse”. Un obiettivo raggiunto, perché gli aquilani sono rimasti qui”. A dirlo l’ex capo del dipartimento della Protezione civile Guido Bertolaso, questa mattina in centro storico per uno speciale a cura della Rai.

Dovevamo mettere la città nelle condizioni di continuare a vivere, soprattutto a livello scolastico, familiare, capendo benissimo sin dall’inizio che ci sarebbero voluti diversi anni per ricostruire – dice Bertolaso – . Abbiamo evitato i container e puntato su qualcosa di più solido che ancora sta dando ricovero a tanta gente.

Tante le vicende avvenute nei dieci anni del post-sisma, dai processi giudiziari all’apertura dei due uffici speciali per la ricostruzione, dalle vicende politiche alle lotte della comunità per essere partecipe della rinascita dell’Aquila, che non cancella emozioni ancora vive.

Dieci anni, spiega Bertolaso, che non sono poi così tanti se si considera che L’Aquila è una città capoluogo colpita nel suo cuore istituzionale, sociale ed economico oltre che sotto il profilo immobiliare, architettonico, facendo vacillare anche la sua vocazione culturale (L’Aquila ha uno dei centri storici con la più alta percentuale di patrimonio vincolato d’Italia).

Quando dissi che ci sarebbero voluti 10 anni per ricostruire L’Aquila fui coperto d’insulti dalle varie parti politiche di questa città, ma quando devi governare l’emergenza non puoi basarti sul consenso dei politici, o sui sondaggi, al contrario, devi saper guardare oltre, conoscere le difficoltà. E questo era un territorio estremamente complicato colpito da una tragedia grandissima.

Tornando con la memoria ai primi momenti dell’emergenza, l’ex capo della Protezione civile ha detto:

Sono arrivato qui dopo poche ora dalla scossa e nei primi dieci giorni non ho mangiato, non ho dormito, ho lavorato in apnea per cercare di fare in modo che tutte le cose funzionassero. Durante un’emergenza i primi momenti sono decisivi. Abbiamo fatto capire che ci sarebbero state tutte le condizioni per continuare a vivere in questa città.

Che cosa ha imparato l’Italia dal dramma del terremoto dell’Aquila?

L’Italia ha imparato molto poco. Nel 2016 ad Amatrice le condizioni del dopo terremoto sono state e sono peggiori dell’Aquila, quindi significa che hanno imparato molto poco. Abbiamo invece imparato – denuncia Bertolaso – che si possono mettere in piedi campagne mediatiche per gettare fango su persone, su organizzazioni, su sistemi, su scienziati, che hanno dato l’anima per cercare di risolvere i problemi.

Di recente la scomparsa del fondatore della Protezione civile italiana Giuseppe Zamberletti, preceduta da quella dello scienziato ed ex presidente dell’Ingv Enzo Boschi, che all’epoca del sisma dell’Aquila era anche componente della commissione Grandi rischi.

Boschi come sappiamo qui ha subito un processo, dal quale è stato assolto, ma per colpa di quel processo è morto. Zamberletti invece ha lasciato questa terra convinto di avere dato un contributo a questo Paese. Il suo merito non è mai stato sufficientemente riconosciuto.