Lanciano: la truffa alla Honda non fu associazione a delinquere

Importanti decisioni prese oggi dal Tribunale di Lanciano in relazione alla truffa alla Honda Italia: cade completamente il reato di associazione per delinquere finalizzata alla truffa, stimata in oltre 10 milioni di euro. Riunificati i processi.

In un procedimento stralcio oggi il tribunale collegiale di Lanciano ha assolto, perché il fatto non sussiste, l’imprenditore Antonio Di Francesco e Giovanna Piera Maesa, moglie di Silvio Di Lorenzo, ex vice presidente di Honda Italia e direttore dello stabilimento di Atessa (Chieti), ritenuto a capo dell’organizzazione. Lo stesso tribunale ha disposto anche la riunificazione del processo con l’accusa di truffa semplice. Il processo parte domani, giovedì 30 maggio, dinanzi al giudice monocratico e vede ora complessivamente imputate sette persone. Oltre a Di Francesco e alla Maesa ci sono inoltre lo stesso Silvio Di Lorenzo, i figli Matteo Romolo e Francesco e i manager di importanti aziende dell’indotto Honda, Pietro Rosica e Gabriele Domenico Scazzi. Per questi ultimi cinque imputati l’associazione a delinquere era già caduta lo scorso ottobre, davanti al gup.

Al processo la Honda Italia Industrie Spa si è costituita parte civile e chiede un milione di euro per danni all’immagine. Sul presunto caso di truffa il colosso giapponese ricorse prima al Tribunale delle Imprese dell’Aquila, poi in sede penale. Nell’accusa della procura di Lanciano si parla di rete affaristica di famiglia, amicizie e interessi personali attraverso società riconducibili a Di Lorenzo, attraverso ingiustificate e gravi perdite alla società, dal 2007 al 2012, con forniture ad aziende dell’indotto con costi maggiori per la Honda.