Criminalità organizzata, arresti anche in Abruzzo

Gli agenti della Squadra Mobile di Foggia e i finanzieri del GICO di Bari hanno eseguito 24 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di  soggetti residenti sia nella provincia di Foggia che in Abruzzo, Calabria, Molise, Lazio e Piemonte.

Tra i destinatari del provvedimento restrittivo, nove sono appartenenti a due distinte organizzazioni criminali dell’area garganica: il “clan Li Bergolis”, oggi capeggiato da Enzo Miucci, classe 1983, detto “u criatur”, e il clan lucerino Bayan/Papa/Ricci, il cui elemento di spicco è  Alfredo Papa, classe 1958. Arrestati anche due soggetti vicini alla “ndrina” calabrese facente capo alle famiglie Pesce/Bellocco, operanti a Rosarno (RC) e Torino, i quali erano in stretti rapporti di affari con l’organizzazione criminale di Monte Sant’Angelo per la compravendita di armi e droga.

Sono stati arrestati anche 13 clienti-pusher dei gruppi criminali di Monte Sant’Angelo e Lucera, i quali provvedevano a collocare lo stupefacente periodicamente acquistato dai garganici e dai lucerini presso la loro clientela in vari comuni dell’Italia centro-meridionale.
L’attività investigativa, diretta dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Bari, trae origine da un’altra indagine sulle pressioni esercitate dalla malavita foggiana su imprenditori locali attivi nel campo della trasformazione di prodotti agricoli, affinché assumessero alle loro dipendenze soggetti pregiudicati dediti allo spaccio.

Le investigazioni, consistenti in intercettazioni telefoniche e ambientali corredate da attività di osservazione, controllo e pedinamento svolte in contesti territoriali proibitivi, hanno consentito di ricostruire in maniera capillare la fitta rete di pusher-clienti pugliesi, molisani e abruzzesi ai quali gli esponenti del clan lucerino smerciavano quasi quotidianamente significative quantità di sostanze stupefacenti di vario genere.

In parallelo alle attività “classiche” di polizia giudiziaria, necessarie ad acquisire i riscontri finalizzati a corroborare il quadro accusatorio nei confronti degli indagati, con la collaborazione degli specialisti del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata della Guardia di Finanza sono state altresì condotte sofisticate investigazioni economico-finanziarie tese a ricostruire tutte le posizioni economico patrimoniali riferibili ai soggetti indagati e ad altri che fungevano da prestanome per i negozi giuridici relativi ai beni indirettamente posseduti dagli indagati. Ciò ha permesso di sottoporre a sequestro beni risultati nella disponibilità degli indagati per un valore complessivo di 2 milioni di euro, consistenti in 10 immobili, 3 autovetture, 2 aziende operanti nel settore del commercio di autoveicoli e 63 rapporti finanziari.