L’Aquila, la ricostruzione a due velocità

Una ricostruzione a due velocità: quella privata da un lato, avviata a pieno regime da oltre un anno in centro storico (mentre le periferie sono quasi del tutto ricostruite) e quella pubblica che ancora non parte, ferma a palo di una burocrazia, a cui si aggiunge la carenza di personale, insostenibile per un Paese che vuole guardare al futuro.

Un esempio eloquente delle due velocità della ricostruzione – quella pubblica e quella privata, che simboleggiano anche il modo in cui vanno le cose in Italia – viene dai Quattro Cantoni, zona centralissima all’Aquila. Restituiti ormai da tempo a nuova vita tre dei quatto palazzi, tra cui i bellissimi Palazzo Ciolina e Fibbioni-Lopez, resta invece imbalsamato nei puntellamenti del post-sisma il palazzo che ospitava la biblioteca provinciale: come se fossero due città che si specchiano. Subito dopo il terremoto che il 24 agosto ha distrutto i borghi a cavallo fra 4 regioni in centro Italia, a pochi chilometri dall’Aquila, il prefetto Francesco Alecci ha definito il centro cittadino ancora troppo pericoloso, scatenando un botta e risposta con l’amministrazione comunale e il sindaco Massimo Cialente.

Certo resta vero che il centro storico è ancora ricco di zone rosse, dunque non varcabili perché davvero a rischio crolli, in cui però i cittadini soprattutto i giovani della movida s’introducono senza problemi: da quando non ci sono più i militari a presidiare le zone rosse l’anarchia regna sovrana e ciascuno è libero di spostare transenne ed entrare in vicoli e tra i palazzi pericolanti. Intanto sono arrivati all’Aquila i primi sfollati di Amatrice accolti in alcuni alloggi del progetto Case nelle frazioni di Roio e Coppito e nelle casette del villaggio Map del Comune di Pizzoli: oltre 340 gli alloggi messi a disposizione dall’amministrazione comunale dell’Aquila. Oggi pomeriggio alle 18 ad Amatrice i funerali di Stato delle 292 vittime sinora ritrovate sotto le macerie del terremoto. Superate definitivamente ieri le polemiche sulla decisione del prefetto di Rieti di spostare all’aeroporto della città capoluogo di provincia le esequie, oggi il Paese si stringe tutto intero intorno alla popolazione di Amatrice, alla presenza delle più alte cariche statali tra cui il presidente Sergio Mattarella.

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Intanto i rappresentanti di Appello per L’Aquila – L’Aquila che Vogliamo dicono che è  davvero sconfortante che si torni a parlare della sicurezza o meno del centro storico solo in relazione all’opportunità di realizzare un grande evento e per di più pochi giorni dopo il devastante sisma che ha colpito Amatrice, scuotendo anche L’Aquila e gli aquilani.

In una nota si legge “Speriamo che le verifiche avviate nelle prime ore arrivino a compimento e si possano definire e distinguere le aree effettivamente a rischio da quelle che possono e devono rimanere accessibili e fruibili. Non è la prima volta, però, che in questi sette anni si verificano sciami anche di modesta intensità, ma nettamente percepiti, che hanno rimesso in discussione la sicurezza di un centro ancora in gran parte puntellato e sede di numerosi cantieri, salvo poi dimenticarsene un mese dopo. L’ultima perimetrazione – in via cautelare – della zona rossa risale a quasi 4 anni fa, ma pochi ne hanno contezza e le polemiche di questi giorni non fanno che aumentare confusione e sfiducia. In seguito allo sciame sismico di quei giorni, infatti, a novembre 2012 il Sindaco con l’Ordinanza n. 65 disponeva nuovamente la chiusura di quasi tutto il centro storico (re)inserendo di fatto in zona rossa anche molte porzioni che ne erano state via via escluse nel corso degli anni precedenti. Il proposito era quello di avviare in queste aree “una sollecita e approfondita campagna di verifica delle condizioni di sicurezza” vietando nel frattempo che le persone vi si addentrassero, fatta eccezione per chi fosse già tornato ad abitarci o a lavorarci. Lo stato dell’arte ad oggi è consultabile sul sito del Comune, basta cercare “zona rossa”. La planimetria è aggiornata a 2 anni fa e gli atti pubblicati indicano che sono state fatte verifiche fino a febbraio 2013. Risulta che a tutt’oggi larghissima parte del centro storico, comprese aree ritenute sicure e pertanto escluse dalla zona rossa prima dell’Ordinanza 65/2012, non è stata oggetto di controllo.Il tutto ci è stato confermato dagli stessi uffici comunali in seguito a una richiesta di accesso agli atti del giugno scorso e a un nostro intervento in Consiglio comunale il 22 agosto, due giorni prima del sisma del centro Italia. Molte vie in cui insistono abitazioni e studi tornati agibili sono ancora in zona rossa, un’area enorme pressoché priva però di indicazioni o delimitazioni fisiche quali barriere o transenne, tanto che molte strade vengono regolarmente percorse dalle auto, peraltro in entrambi i sensi, nella più totale assenza di regolamentazione. Anche le strade percorse, di notte più che di giorno, per raggiungere la movida dell’area di Via Garibaldi sono in gran parte in zona rossa.Solo in seguito al terribile evento del 24 agosto, piccole porzioni sono state transennate, lungo il corso principale, già agibile, così come all’interno della zona rossa stessa. Al di là delle polemiche e dei rimpalli di questi giorni, il centro storico dell’Aquila, ad esclusione di alcune arterie principali, da oltre 3 anni risulterebbe quindi interdetto a cittadini e turisti che invece lo attraversano tranquillamente. Ci teniamo a precisare che non riteniamo che la zona rossa sia, in quanto tale, necessariamente insicura; ma è evidente che affermare che “il centro storico è sicuro” comporta una semplificazione che una città come la nostra non può permettersi. Soprattutto quando viene dal primo cittadino all’indomani di un sisma devastante occorso a poche decine di chilometri. Che questa situazione, poi, derivi anche dalla scelta che abbiamo più volte contestato di ricostruire “a macchia di leopardo” è ormai chiaro alla maggior parte della popolazione e di chi visita la città. Si comprende la necessità di inviare un messaggio di sicurezza non solo agli aquilani ma all’intero Paese, ma questo non si fa con gli slogan (“Il centro storico è sicuro”, quando la vigente ordinanza del sindaco lo indica come quasi tutto compreso in zona rossa). E’ necessario cominciare a gestire con intelligenza la situazione considerando le esigenze della vivibilità e quelle della sicurezza e aggiornando costantemente verifiche e interventi di manutenzione. E’ evidente a tutti che in questi anni il centro storico è stato infatti non-gestito. Si pensi che nei mesi scorsi c’è stato addirittura il dibattito sull’interdizione alla macchine del centro storico quando gran parte è ancora ufficialmente zona rossa …E allora qualche misura da prendere urgentemente: riperimetrazione della zona rossa, dopo attenta ricognizione tecnica, e sua evidente segnalazione. Messa in sicurezza delle aree a rischio che si ritiene fondamentale aprire per garantire il più possibile la vivibilità e la fruibilità del centro. Controllo del rispetto delle prescrizioni inerenti l’accesso e il transito nella zona rossa.Indicazioni a cittadini e imprese della ricostruzione rispetto alle attività dei cantieri, con particolare riguardo alla movimentazione anche aerea di carichi pesanti.Aggiornamento e informazione continua a cittadini e visitatori. Se non sono chiari questi punti, parlare di piani di emergenza per il centro storico non ha alcun senso “.