L’Aquila, i subappaltatori: “La legge ci sta togliendo il lavoro”

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Lavori fermi per un cavillo per una doppia interpretazione di alcune norme che rischia di mandare in tilt il processo della ricostruzione, in cui un anello importante è costituito dai subappaltatori.

Ancora una volta è la burocrazia a frenare il lavoro e la piccola economia locale fatta per lo più da ditte di artigiani individuali o a conduzione familiare. A preoccupare elettricisti, falegnami, fabbri, piastrellisti, termoidraulici, tinteggiatori, parquettisti e tanti altri artigiani, sono ora le norme inserite nel decreto sugli Enti territoriali, attive dal gennaio scorso, che riguardano l’attestazione Soa (la certificazione obbligatoria per gli appalti pubblici di lavori) e il limite del 30% dei subappalti nel processo di ricostruzione dell’Aquila e del cratere.

Norme su cui sorge un dubbio interpretativo avanzato in particolare con una circolare dal dirigente comunale Vittorio Fabrizi. L’effetto di questa doppia interpretazione è il forte ostacolo alle piccole imprese.

Entrambe le norme, in particolare quella del limite per i subappalti, voluta dall’Anac (l’Autorità nazionale anticorruzione) fanno parte di un pacchetto anticorruzione voluto dal governo per evitare infiltrazioni criminali. Il decreto enti locali, sostenuto dalla senatrice del Partito democratico Stefania Pezzopane, ha cambiato molte norme riguardanti la ricostruzione, in particolare all’articolo 11 che riguarda le misure sulla trasparenza e la legalità.

Tra i vari commi, il sesto riguarda i subappalti e dice: “Le ditte affidatarie possono ricorrere al subappalto per le lavorazioni della categoria prevalente nei limiti della quota parte del 30% dei lavori. Sono nulle tutte le clausole che dispongono il subappalto dei lavori in misura superiore o ulteriori subappalti”. Secondo la circolare del dirigente Fabrizi, il subappalto è possibile soltanto nelle opere “grandi”, ad esempio quelle murarie, escludendo tutte le lavorazioni di tipo specialistico.

“Rischiamo di restare fuori dalla ricostruzione e di licenziare i nostri dipendenti – spiega l’elettricista Paolo Bergamotto – io non voglio farlo e lotterò anche con le unghie per impedirlo, perché significherebbe mettere fine a una ditta creata da mio padre quando io ancora non nascevo, nel 1966. E io voglio continuare a lavorare, con onestà, come abbiamo fatto fino a ora”.

Il falegname Pierluigi Buoncompagno fa notare l’incongruenza di questa doppia interpretazione, che sta già avendo come effetto l’esclusione dai contratti con le grandi ditte di molti artigiani. Le imprese di costruzioni, infatti, nel dubbio preferiscono non chiamare affatto le ditte di subappaltatori che eseguono lavorazioni specialistiche. “Un grosso danno per noi – commenta – in quanto in questo momento e per i prossimi anni all’Aquila e in molta parte del cratere sismico aquilano si lavora soltanto con i cantieri della ricostruzione”.