Punta Penna, una lunga catena umana per salvare il clima

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Flash Mob di Goletta Verde “SOS CLIMA”. Una lunga catena umana a Punta Penna per fermare l’assalto al mare dei petrolieri, ladri di futuro. Edison Nemico del Clima per le sue piattaforme petrolifere di Rospo Mare, un rischio per mare e clima. Il governo non dia nuove concessioni. Legambiente: “Le fonti fossili devono rimanere nei fondali marini e nel sottosuolo. E’ inaccettabile che il nostro Paese continui a sostenere le fonti inquinanti, nonostante la crisi climatica”.

Un Flash Mob che ha dato vita a un’enorme catena umana per fermare l’assalto al mare dei petrolieri, ladri di futuro e lanciare di nuovo l’SOS per il CLIMA, quello fatto questa mattina dalla Goletta Verde di Legambiente sulla spiaggia di Punta Penna, nel Parco nazionale della costa teatina che abbraccia la costa dei Trabocchi. Davanti, le tre piattaforme Rospo di Mare, gestite da Edison (al 62%) ed Eni (al 38%) che continueranno la loro attività grazie alla recente proroga della concessione rilasciata dal Ministero dello Sviluppo economico (MISE) fino al 2023, visto che il titolo minerario di Edison ed Eni per le piattaforme situate davanti alla costa tra Vasto e Termoli era scaduto nel 2018. Come se non bastasse il MISE con un decreto assolutamente inaccettabile, vorrebbe bypassare in maniera subdola la norma istituita dal parlamento che esclude, per tutti i titoli, di procedere a nuove perforazioni entro le 12 miglia. Per ora questa clausola, su cui ci sono diversi ricorsi, non è scattata per Rospo mare, ma bisogna tener alta la guardia.

Legambiente torna a chiedere con forza, da un lato, lo smantellamento immediato delle piattaforme inattive e dall’altro l’avvio di un processo di riconversione energetica verso le fonti rinnovabili. “Le fonti fossili devono rimanere nei fondali marini e nel sottosuolo. – dichiara Stefano Ciafani, Presidente nazionale di Legambiente -. E’ inaccettabile che il nostro Paese continui a sostenere le fonti inquinanti, nonostante la crisi climatica: per questo chiediamo da tempo che il governo cambi rotta sulla strategia energetica nazionale, partendo dallo stop immediato ai sussidi alle fonti fossili a cui lo scorso anno abbiamo regalato oltre 18 miliardi di euro, e approvando entro la fine dell’anno un Piano energia e clima più ambizioso e coraggioso di quello presentato in Europa”.

E’ sempre più evidente come il processo di dismissione delle fossili deve avvenire in pochi anni, come sostiene l’ultimo Rapporto dell’IPCC. Invece petrolio e gas, sono vergognosamente ancora al centro del sistema energetico, seppur con una costante crescita delle rinnovabili, troppo lenta purtroppo per il raggiungimento dell’obiettivo emissioni nette zero entro il 2040, arrivando oggi a coprire il 18% dei consumi totali nazionali e il 35,1% di quelli elettrici.

I consumi nazionali di combustibili fossili nel 2018 sono stati pari a 60,8 milioni di tonnellate di petrolio e 72.666 milioni di Smc di gas, di questi solo il 7,7% di petrolio e il 7,5% di gas provengono da estrazioni in territorio italiano. Un dato che mette in evidenza quanto la produzione nazionale incida in maniera poco significativa rispetto ai consumi. A fronte però di un grosso rischio per la salute del nostro mare, la pesca e il turismo e a tutto vantaggio delle grandi compagnie perlifere che nulla lasciano al territorio e alla comunità.
In Abruzzo le fonti fossili coprono l’75% dei consumi totali regionali (Simeri GSE, 2016), contro il 25% da fonti rinnovabili, con un consumo di 748 ktep di petrolio e 734 ktep di gas. Non solo ma la Regione è anche produttrice di fonti fossili: nel 2018, ha estratto 158.975 tonnellate di petrolio, pari allo 3,4% della produzione nazionale. Produzione regionale che copre solamente lo 0,1% del fabbisogno nazionale. Mentre la produzione di gas è stata di 155,8 milioni di Smc, pari a circa il 2,8% della produzione nazionale e che stando agli attuali consumi di gas, coprirebbe solamente il 0,2% del fabbisogno nazionale.

“Parliamo di numeri risibili a cui è facile rinunciare nell’ottica della sfida globale dei cambiamenti climatici, che ci dice che nella transizione dalle fossili alle rinnovabili quelle risorse devono restare dove sono – dichiara Giuseppe Di Marco Presidente Legambiente Abruzzo -. La vera sfida per l’Abruzzo è quella di puntare al modello di sviluppo alternativo rappresentato anche dal nascente Parco nazionale della Costa Teatina da troppo tempo al palo e che rappresenta il vero futuro economico, sociale e ambientale del nostro territorio”.
Numeri, quelli delle fossili, certamente poco incidenti, ma che nei territori e nei mari interessati dai progetti di trivellazione portano a rischi ambientali importanti. Non solo, ma il cambio di rotta verso un futuro 100% rinnovabile, rimarrà complesso e difficile se il nuovo Governo non si impegnerà con urgenza ad eliminare tutti i vantaggi di cui godono nel nostro Paese le compagnie petrolifere. Basti pensare che dal 2010 al 2018 le concessioni produttive di greggio in Abruzzo hanno estratto in totale circa 159 mila tonnellate di greggio di cui 45mila, pari al 28%, sono risultate esenti dal pagamento delle royalties. Sempre per lo stesso periodo, le concessioni produttive di gas hanno estratto in totale 2.279 milioni di Smc, di cui 1.727, pari al 76%, sono risultati esenti dal pagamento delle royalties.
I numeri raccontati nel dossier di Legambiente No Oil Abruzzo raccontano bene non solo il ruolo, oggi ancora determinante delle fonti fossili – anche a causa dell’assenza di politiche di sviluppo di un nuovo sistema energetico innovativo e rinnovabile -, ma anche come le produzioni siano in costante riduzione da anni, continuando ad avere un ruolo ininfluente nel panorama nazionale, e di cui certamente potremmo fare a meno sostituendo tali risorse con impianti da fonti rinnovabili e programmi di efficientamento del patrimonio immobiliare e di promozione della mobilità sostenibile.
Scegliere di continuare a produrre gas e petrolio non solo mette a rischio il raggiungimento degli obiettivi climatici, ma anche quelli di sviluppo locale della Regione Abruzzo, costretta a subire l’arroganza delle compagnie, ma anche la poca lungimiranza e la mancanza di coraggio dei Governi, che invece di investire su prosumer, comunità energetiche, autoproduzione da fonti rinnovabili, si muove ancora troppo timidamente su un piano di chiusura e decarbonizzazione. Lasciando ancora al bando pratiche come l’autoproduzione, in grado di portare benefici diretti a cittadini e territori. Anche per questa ragione Legambiente ha lanciato la petizione sull’ autoproduzione, proprio per chiedere al Governo di accelerare i passi verso l’approvazione della Direttiva Europea che introduce e consente ai cittadini di avere un ruolo da protagonista nel sistema energetico.