Omicidio Jennifer Sterlecchini: il giorno della sentenza

Pescara, a 14 mesi dall’omicidio di Jennifer Sterlecchini, oggi è prevista la sentenza: alla sbarra l’ex fidanzato Davide Troilo.

Trent’anni di reclusione per Davide Troilo. È quanto ha chiesto il pm Anna Rita Mantini, nel corso della sua requisitoria, conclusasi pochi minuti fa nell’aula 8 del tribunale di Pescara, nell’ambito del processo sull’omicidio di Jennifer Sterlecchini, 26 anni, uccisa con 17 coltellate il 2 dicembre 2016 dall’ex fidanzato, l’ascensorista di 34 anni Davide Troilo, mentre lei stava lasciando per sempre l’abitazione che avevano condiviso in via Acquatorbida a Pescara. Occhi lucidi da parte della madre e del fratello della vittima, durante la ricostruzione compiuta dal pm. Impassibile, a testa bassa, l’imputato. La Mantini ha parlato di “odiosità della condotta dell’imputato, che ha agito con assoluta lucidità” e di “banalità e sproporzione di qualsiasi eventuale stimolo esterno rispetto al gesto di togliere la vita ad una ragazza di 26 anni con 17 coltellate”. Prima della Mantini ha preso la parola il professor Di Giannantonio, consulente nominato dal giudice, secondo il quale, al momento dei fatti, Troilo era capace di intendere e di volere. La sentenza è attesa nel tardo pomeriggio, dopo le arringhe di parti civili e difesa. La sentenza è attesa per oggi. Un verdetto “alleggerito” dal ricorso al rito abbreviato, che diminuisce di un terzo la pena, ma comunque non inferiore ai 30 anni se il giudice per l’udienza preliminare Nicola Colantonio deciderà per il per il massimo della pena.

Troilo ha mentito fin dall’inizio e invece di soccorrere Jennifer ha inscenato una presunta aggressione, cercando di mitigare la propria posizione processuale”. Con queste parole Roberto Serino, legale di parte civile per conto del fratello della vittima, Jonathan Sterlecchini, si è associato alla richiesta di condanna, a 30 di reclusione, formulata pochi minuti prima dal Pm. Serino ha messo in rilievo “la lucidità e la volontà omicida dell’imputato, testimoniate dal fatto che le coltellate sono state inferte mentre Jennifer stava scappando”. In conclusione l’avvocato ha chiesto “una sentenza che non sia né di vendetta né esemplare, ma giusta ed equa, perché l’imputato la sua vera pena la sconterà dentro di lui”.

Intanto, in Tribunale, ad attendere la sentenza, anche l’associazione “Noi per la Famiglia” insieme al Comitato “Insieme per Jennifer” e all'”Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime” con il Coordinatore Nazionale Angelo Bertoglio.

Di seguito il comunicato delle associazioni

“17 coltellate precedute da pugni e calci, a rendere tutto più atroce la mamma della vittima fuori casa che non è riuscita ad entrare perché la porta era stata chiusa. Una mamma che ha sentito e vissuto in diretta le violenze inflitte a sua figlia. E una figlia uccisa barbaramente solo perché donna. Una giovane donna che voleva chiudere una semplice storia d’amore e che desiderava solo essere libera , lavorare e sorridere. Voleva andare in Spagna Jennifer, ma colui che diceva di amarla, ha messo fine alla sua esistenza. La legge prevede il rito abbreviato, ossia una velocizzazione del processo in cambio di uno sconto di un terzo della pena. Questa già di per se non è giustizia, perché sommata ai permessi premio, alle riduzioni annuali per un eventuale buona condotta, alle attenuanti e a tutte le tutele che sembrano esserci solo per chi commette il reato, la certezza della pena in sé viene automaticamente a svanire. E non è uno Stato Civile quello in cui si vede troppo spesso la legge a favore di chi commette un reato, piuttosto di chi quel reato lo subisce. In 24 giorni del 2018 sono già state uccise 3 donne a seguito di un legame affettivo familiare. E’ una mattanza che sono un processo culturale e soprattutto l’attuazione del diritto garantito e della giustizia possono sradicare. In Italia per l’omicidio volontario aggravato è previsto l’ergastolo, considerato tutte le aggravanti. La sentenza di domani potrebbe diventare un messaggio importante ed efficace per chi, d’ora in avanti, vuole macchiarsi di un crimine così violento e orrendo. Sui social abbiamo lanciato la campagna “cambia la foto del nostro profilo con quello di Jennifer seduta su una parola GIUSTIZIA”! Quasi fosse una premonizione. Segno che lei a quella parola credeva davvero”.

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