Lo sfogo di un dipendente del Cotir

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Riceviamo e pubblichiamo lo sfogo di un dipendente del Cotir, “ex fiore all’occhiello della nostra Regione”, scrive il lavoratore che vuole mantenere l’anonimato.

“Il mio non è soltanto il grido di dolore di un lavoratore che si è visto privare di un diritto sancito dall’articolo 36 della costituzione (il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa) ma il grido disperato di un padre e di un marito che ha fallito e che non è più in grado di assicurare alla sua famiglia nemmeno un pasto caldo o un posto al coperto in cui vivere. Questa purtroppo è davvero la mia storia e probabilmente quella di altri miei colleghi che da 3 anni vivono in un incubo, il peggiore che si possa immaginare. Ho chiesto gentilmente di non pubblicare il mio nome per evitare ulteriori preoccupazioni ai miei figli e a tutta la mia famiglia già provata da questa sofferta vicenda. Mi sono ritrovato inspiegabilmente, dopo aver lavorato tanti anni al servizio della Ricerca pubblica e della Regione Abruzzo, nell’impossibilità di portare uno stipendio a casa per il mantenimento della mia famiglia. La stessa politica, che si è sempre riempita la bocca affermando che il COTIR era il fiore all’occhiello della nostra Regione ora ci ha abbandonato. Oggi purtroppo la politica si è dimenticata di tutte queste belle parole dette probabilmente per accaparrarsi consensi elettorali ed ha deciso che il COTIR e le tante attività realizzate in questo territorio vastese non servono più a questa Regione e per questo dobbiamo morire nel peggiore dei modi, con una lenta agonia, dopo aver disatteso tutte le promesse fatte in questi 3 anni. I commissari liquidatori hanno abbandonato la nave e si sono dimessi dopo aver rigettato le colpe sulla Regione Abruzzo che non vuole più finanziare la ricerca pubblica, perlomeno quella in territorio di Vasto. Infatti, dei 3 Centri di Ricerca solo uno è uscito dalla fase liquidatoria, conservando ancora molti problemi economici. Il COTIR invece non merita di continuare ad esistere e per i suoi dipendenti al momento non è prevista nessuna ricollocazione. Allora se questo era un disegno chiaro fin da subito, o quantomeno prevedibile già dopo il primo anno, perché continuare a tenerci in vita? Perché continuare a tenere aperto il COTIR imponendo comunque ai suoi dipendenti di recarsi giornalmente a lavoro e portare avanti i programmi di ricerca? Con molte difficoltà in questi 3 anni abbiamo continuato a lavorare sostenendo spese per raggiungere il posto di lavoro e impossibilitati anche a fare qualche altro lavoro perché ancora vincolati fisicamente e contrattualmente con il COTIR. Perché non chiarire fin da subito la posizione della Regione e non continuare ad indebitare ulteriormente i lavoratori? Forse perché molti progetti non sarebbero stati portati a termine con una conseguente cattiva pubblicità per la maggioranza in Regione? Intanto però hanno continuato a giocare con la vita delle persone ed hanno portato alla disperazione tante famiglie. Io non sono più in grado di pagare l’affitto e le utenze e per questo mi sono dovuto trasferire a casa dei miei genitori (che per fortuna sono ancora vivi) con tutta la mia famiglia. I miei figli mi vedono ogni sera piangere e mi chiedono cosa stia succedendo. Ma per quanto tempo un uomo può sopportare una situazione del genere? Lo so che bisogna essere forti in certi momenti ma non posso fare a meno di pensare ad un gesto estremo che in qualche modo sarebbe per me liberatorio. Non so se in questa eventualità la politica si renderebbe conto e si facesse carico, almeno moralmente, della responsabilità di aver ucciso un uomo”.